
Donald Trump non ha scelto un giorno qualunque per alzare la voce contro la Russia. Mentre la notte più buia da mesi avvolgeva Kyiv, con ondate di droni e missili che hanno colpito non solo quartieri residenziali ma anche il palazzo del governo, il presidente americano ha parlato di una “seconda fase” di sanzioni contro Vladimir Putin. Una coincidenza che racconta molto: Mosca alza la pressione sul fronte militare, Washington risponde con l’arma economica.
Il raid di queste ore è stato uno dei più vasti dall’inizio del conflitto. La capitale ucraina ha visto cieli pieni di scie, intercettazioni, allarmi. Molti vettori sono stati abbattuti, ma alcuni hanno colpito obiettivi cruciali: edifici civili, infrastrutture, simboli dello Stato. Il segnale di Mosca è evidente: nessun luogo è intoccabile. È un salto qualitativo che vuole piegare la resilienza interna ucraina e allo stesso tempo mettere alla prova la tenuta della coalizione occidentale.
La scelta di Trump
Le parole di Trump non sono un semplice annuncio. La “fase due” delle sanzioni apre la possibilità di colpire i compratori del petrolio russo, applicare misure secondarie e nuove tariffe su chi continua a garantire flussi di denaro al Cremlino. È una strada che, se perseguita, non avrebbe effetti immediati sul campo, ma rischierebbe di intaccare il polmone economico che alimenta la macchina bellica russa. Per il presidente americano, è anche un messaggio interno: fermezza contro Putin senza aumentare l’impegno diretto di truppe e armamenti statunitensi.
Europa chiamata a scegliere
Mentre Washington calibra la pressione, l’Europa resta davanti a un bivio. Un allineamento pieno significherebbe accettare di estendere le sanzioni anche ai partner commerciali che triangolano con Mosca; una scelta che avrebbe costi economici e politici. Ma il bombardamento sul cuore di Kyiv rende difficile limitarsi alle dichiarazioni. Perché senza scudi aerei adeguati e senza un soffocamento reale delle entrate russe, l’asimmetria resta tutta dalla parte di Mosca, che può saturare le difese con droni a basso costo, logorando giorno dopo giorno il fronte ucraino.
Il messaggio della giornata è chiaro: Putin può bruciare il cuore amministrativo ucraino in qualunque momento; Trump vuole dimostrare di poter bruciare i canali di finanza della guerra. È una partita di nervi, combattuta con missili e con banche, in cui l’Occidente deve decidere se la deterrenza resta un concetto astratto o diventa una strategia concreta.