
Dentro o fuori: la sfida di questa sera contro Israele rappresenta per l’Italia di Rino Gattuso un crocevia fondamentale nella corsa ai Mondiali 2026. Dopo la convincente vittoria con l’Estonia, gli azzurri devono confermarsi per non complicare il cammino verso la qualificazione. Ma la vigilia, invece di concentrarsi soltanto sugli aspetti tecnici e sportivi, è stata segnata da un clima di forte tensione, con riflessi che travalicano i confini del campo.
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Il contesto politico e umanitario legato alla guerra nella striscia di Gaza è entrato con prepotenza nel dibattito pubblico, trasformando una partita di calcio in un evento che porta sulle spalle un peso molto più grande dei novanta minuti di gioco.
Lo striscione sotto casa di Gattuso
La polemica si è accesa nelle ultime ore a seguito della diffusione di un’immagine diventata virale sui social: uno striscione affisso sotto l’abitazione calabrese del commissario tecnico, a Corigliano-Rossano. La scritta riportava un messaggio diretto: “Rino non si gioca con chi uccide i bambini”.
Secondo quanto riferito dalla Gazzetta del Sud, un gruppo di cittadini del comune avrebbe promosso una petizione, raccogliendo diverse centinaia di firme per chiedere a Gattuso di non guidare la Nazionale nella partita contro Israele. Una richiesta simbolica, con il chiaro intento di esprimere solidarietà al popolo palestinese, che ha scatenato un acceso dibattito.

Le parole del ct azzurro
Di fronte alle pressioni e alle polemiche, Rino Gattuso ha scelto di chiarire la propria posizione già nei giorni precedenti alla gara. In conferenza stampa, il commissario tecnico ha ribadito un concetto fermo: “Fa male al cuore vedere civili e bambini che perdono la vita. Però noi facciamo un altro mestiere: dobbiamo giocare, è il nostro dovere”.
Nelle dichiarazioni della vigilia, il ct ha nuovamente espresso il proprio dolore per le vittime del conflitto, sottolineando al tempo stesso il dovere professionale: “Sono un uomo di pace, fa male vedere quello che sta succedendo, persone e bambini che perdono la vita. Più di questo non voglio dire. Siamo qui per fare la partita e rispettare il nostro lavoro. C’è tanto rispetto e c’è tanto dolore”.
La posizione delle istituzioni sportive
Non sono mancati appelli rivolti anche alla Figc e al Coni per chiedere la cancellazione della sfida. Le richieste, tuttavia, non hanno portato a cambiamenti: la partita si giocherà regolarmente, con l’Italia chiamata a conquistare tre punti fondamentali per non mancare ancora una volta l’appuntamento con i Mondiali.
La vicenda non si esaurirà stasera. Un nuovo fronte di discussione è già aperto in vista della gara di ritorno, Italia-Israele, prevista a Udine il prossimo 14 ottobre.

Le parole del sindaco di Udine
A intervenire sulla questione è stato anche il sindaco di Udine, Alberto Felice De Toni, che ha espresso il suo dissenso rispetto alla disputa della partita: “Israele non è stato escluso dalle competizioni sportive internazionali. Ma di fronte a un dramma che non ha eguali negli ultimi ottant’anni, davanti a tanta sofferenza io dico: fermiamoci, giocare adesso sarebbe inopportuno”.
Le sue parole si aggiungono a una coda polemica che accompagna l’Italia verso un match carico di significati sportivi ma anche di tensioni extracalcistiche. Stasera, in campo a Debrecen, gli azzurri dovranno pensare soltanto al risultato. Ma intorno alla partita, il dibattito resta aperto e destinato a proseguire ancora a lungo.


