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“Sono su una sedia…”. Shock in Italia, Danilo muore al pronto soccorso: l’sms straziante alla figlia

Pubblicato: 08/09/2025 12:29

In situazioni di emergenza, ogni minuto può fare la differenza tra la vita e la morte. L’accesso tempestivo alle cure mediche non è solo un diritto fondamentale, ma anche una necessità per garantire la sopravvivenza di chi si affida alle strutture sanitarie. Tuttavia, quando le risposte tardano o vengono sottovalutate, le conseguenze possono essere tragiche.

La pressione crescente su pronto soccorso e reparti ospedalieri è una realtà quotidiana in molte città italiane. Ma cosa accade quando una richiesta d’aiuto viene ignorata o lasciata in sospeso, pur davanti a sintomi gravi e inequivocabili? È questa la domanda al centro di una vicenda che ora scuote un’intera comunità e coinvolge le autorità giudiziarie.

«Non mi sto sentendo bene. Mi hanno lasciato seduto su una sedia, non riesco a respirare bene, mi manca l’aria e le forze mi stanno abbandonando». È l’ultimo messaggio di Danilo Pellegrino, 52 anni, inviato alla figlia poco prima di morire nel pronto soccorso di Casarano, in provincia di Lecce. Secondo la denuncia dei familiari, l’uomo è deceduto dopo un’ora di attesa senza essere visitato da un cardiologo, pur lamentando dolori al petto e difficoltà respiratorie.

Giunto al pronto soccorso, Pellegrino era stato sottoposto a un elettrocardiogramma, ma il tracciato non sarebbe stato visionato con urgenza: il cardiologo di turno era in sala operatoria. Nessuno avrebbe preso in carico la situazione, nonostante le sollecitazioni della moglie presente.

La figlia, infermiera a Modena, ha raccontato: «Mi diceva di non essere monitorato e di essere stato lasciato su una sedia di plastica». Dopo circa un’ora, Danilo si è accasciato ed è morto. I tentativi di rianimazione sono stati inutili.

Ora otto operatori sanitari sono indagati per responsabilità colposa in ambito sanitario. Disposta l’autopsia e acquisita la cartella clinica. La Procura attende gli esiti per chiarire eventuali omissioni. La famiglia chiede giustizia: «Non doveva finire così».

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