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“Perché ho assolto Stasi”. Garlasco, la rivelazione del giudice in diretta: il video

Pubblicato: 09/09/2025 11:25

Nuovo capitolo nel lungo e controverso caso del delitto di Garlasco. È atteso per domani, 10 settembre, un nuovo incidente probatorio presso la Questura di Milano. Al centro dell’analisi, i reperti raccolti nella spazzatura della villetta di via Pascoli, dove nel 2007 venne uccisa Chiara Poggi.

Tra i materiali al vaglio ci sono contenitori di Estathé, confezioni di Fruttolo, un sacchetto di cereali e altri oggetti trovati nei sacchi dei rifiuti. L’obiettivo è individuare tracce biologiche o impronte digitali che potrebbero rivelare la presenza di soggetti finora mai collegati alla scena del crimine.

A occuparsi dell’analisi sarà il perito dattiloscopista Domenico Marchigiani, chiamato a verificare se i materiali contengano impronte utili all’identificazione. La nuova attività investigativa rilancia una vicenda che, nonostante il passare degli anni, continua a dividere l’opinione pubblica e il mondo giudiziario.

Il caso è stato al centro anche dell’ultima puntata di “Quarta Repubblica”, il talk politico condotto da Nicola Porro su Rete4, dove si è tornato a discutere della colpevolezza o meno di Alberto Stasi, ex fidanzato della vittima e già condannato in via definitiva per il delitto.

Ospite della trasmissione, il magistrato Stefano Vitelli, noto per aver firmato nel 2009 l’assoluzione di Stasi in primo grado, ha ribadito le sue perplessità sul verdetto di condanna. “Stasi ha un alibi informatico, era impegnato sulla tesi in modo continuativo, con attività intellettualmente significativa”, ha detto.

Vitelli ha poi ricordato che “l’assassino è sicuramente entrato in bagno. Lì abbiamo un’impronta insanguinata sul tappetino davanti allo specchio e un’altra di Stasi sul dispenser del sapone”. Ma, sottolinea, “non c’era sangue nel sifone o sul dispenser. Dunque: quell’impronta è davvero legata al delitto?”

Il magistrato insiste sull’importanza del ragionevole dubbio: “Non è un espediente per farla franca, ma una garanzia vera. In casi come questo, pieni di incertezze e contraddizioni, non si può rischiare di condannare un innocente”.

Già nel 2009, motivando la sentenza assolutoria, Vitelli aveva affermato che nel quadro accusatorio “sembrava mancare qualcosa che incastrasse davvero Stasi”. A distanza di sedici anni, il suo giudizio resta sostanzialmente immutato.

Il caso Garlasco, che ha attraversato tre gradi di giudizio, revisioni e nuove indagini, torna quindi nuovamente sotto i riflettori. Con un interrogativo che, ancora oggi, divide: la verità è stata davvero trovata?

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