
La morte dell’orsa F36, trovata senza vita il 27 settembre 2023 nel comune di Sella Giudicarie, arriva in tribunale. La procura di Trento ha chiesto il rinvio a giudizio per due uomini, entrambi ultrasettantenni, accusati di aver ucciso l’animale con un colpo d’arma da fuoco. La decisione è arrivata dopo la denuncia presentata dall’associazione Leal, che da subito si era mobilitata per chiedere giustizia.
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L’udienza preliminare è stata fissata per il 9 febbraio 2026 presso il Tribunale di Trento. I due imputati dovranno rispondere del reato di concorso in uccisione di animale per crudeltà e senza necessità, ai sensi degli articoli 110 e 544-bis del codice penale. Secondo l’accusa, non esisteva alcun motivo che giustificasse lo sparo, poiché l’orsa non stava mettendo in pericolo la vita delle persone coinvolte né quella di terzi.
Le accuse contro i due imputati
La ricostruzione dei fatti, riportata da Leal, indica che i due uomini avrebbero colpito l’orsa F36 con un’arma da caccia a canna rigata, senza che vi fosse alcuna situazione di emergenza. L’animale, secondo quanto emerso, non mostrava comportamenti aggressivi né confidenza pericolosa con l’uomo.
Il presidente di Leal, Gian Marco Prampolini, ha annunciato che l’associazione si costituirà parte civile al processo: “L’uccisione dell’orsa F36 è un atto di una gravità inaudita. Il nostro impegno va oltre la tutela dei singoli animali: vogliamo lanciare un messaggio forte contro ogni forma di crudeltà verso gli orsi e tutta la fauna selvatica”.

La storia di F36 e i precedenti avvistamenti
L’orsa F36 aveva sei anni quando è stata uccisa e il suo nome era già comparso nelle cronache locali. Il 30 luglio 2023, in località Mandrel, aveva spaventato due giovani cacciatori non armati, costringendoli a mettersi in fuga. Una settimana più tardi, il 6 agosto, era stata segnalata per un presunto attacco a una coppia di escursionisti nella zona di Dos del Gal, sempre nel territorio di Sella Giudicarie.
A seguito di questi episodi, la Provincia autonoma di Trento aveva emesso un’ordinanza di cattura, ritenendo l’animale potenzialmente pericoloso. Tuttavia, l’ordinanza di abbattimento fu sospesa dal Tar di Trento, che ne impedì l’esecuzione. Al momento della morte, quindi, l’orsa non poteva essere abbattuta legalmente. Questo elemento è diventato centrale nell’accusa di crudeltà inutile rivolta ai due cacciatori.
Il ruolo delle associazioni animaliste
Il fascicolo d’indagine, in un primo momento, sembrava destinato all’archiviazione. È stata la determinata opposizione delle associazioni animaliste a riaprire il caso. Con la decisione del gip di Trento, i due indagati saranno ora formalmente imputati e dovranno affrontare il processo.
Per le associazioni, il risultato rappresenta una vittoria significativa. “F36 non doveva morire. Era stata condannata da una politica miope e accanita nei confronti degli orsi, ma il Consiglio di Stato ci aveva dato ragione sospendendo l’ordinanza di Fugatti”, hanno ricordato i rappresentanti.

Un processo dal valore simbolico
Il rinvio a giudizio non ha solo un peso legale, ma anche un forte valore simbolico nella battaglia per la tutela della fauna selvatica. L’uccisione dell’orsa F36 diventa il simbolo di un conflitto tra diverse visioni: da un lato chi considera la presenza degli orsi un pericolo da contenere con abbattimenti e catture, dall’altro chi rivendica la necessità di proteggere la biodiversità con strumenti alternativi alla violenza.
La vicenda giudiziaria che si aprirà a febbraio 2026 sarà osservata con attenzione non solo a Trento, ma in tutta Italia, come banco di prova sul rispetto delle leggi in materia di tutela animale e sulla capacità delle istituzioni di dare risposte efficaci contro atti di crudeltà considerati ingiustificati.