
L’Italia potrà accedere a 14,9 miliardi di euro in prestiti europei per rafforzare la propria capacità militare. La decisione è arrivata poche ore prima del discorso sullo stato dell’Unione della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che oggi a Strasburgo ha rimesso al centro del dibattito politico europeo il tema del riarmo.
La Commissione Europea ha approvato una lista provvisoria per la ripartizione del nuovo fondo Safe (Strategic Technologies for Europe Platform), che prevede complessivamente 150 miliardi di euro per investimenti nella difesa. L’Italia figura tra i primi beneficiari con il quinto contributo più alto tra i 19 Paesi che hanno fatto richiesta.
In cima alla lista ci sono Polonia con 43,7 miliardi, seguita da Romania (16,8), Francia e Ungheria (entrambe con 16,2 miliardi). L’Italia, con i suoi 14,9 miliardi, supera diverse altre grandi economie. A non fare richiesta, tra gli altri, la Germania, che – ha spiegato il commissario alla Difesa Andrius Kubilius – «può finanziarsi sui mercati agli stessi tassi dell’Ue».
I prestiti saranno concessi a tassi competitivi e dovranno essere rimborsati in 10 anni. Prima di ottenere le risorse, però, i governi dovranno presentare piani dettagliati di spesa entro il 30 novembre 2025, seguendo un modello simile a quello dei Pnrr (Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza).

L’obiettivo della Commissione è erogare i primi fondi già a inizio 2026. I Paesi potranno utilizzarli per partecipare a gare d’appalto congiunte o per acquistare direttamente armamenti e tecnologie militari, preferibilmente da aziende europee, ma anche da Ucraina, Norvegia, Regno Unito, Giappone e Corea del Sud.
La priorità resta però il principio del “Buy European”: gli acquisti fuori dall’Europa (come negli Stati Uniti, produttori di sistemi come Patriot e F-35) non potranno superare il 35% dei costi totali. Un criterio pensato per rafforzare l’industria europea della difesa e ridurre la dipendenza strategica da fornitori esterni.
Secondo quanto anticipato, i fondi per l’Italia saranno destinati a due grandi categorie di investimenti. La prima include munizioni, missili, artiglieria, sistemi per il combattimento terrestre, piccoli droni, tecnologie anti-drone e mobilità militare. Rientrano anche dotazioni per i soldati e protezione delle infrastrutture critiche.
La seconda categoria copre progetti più avanzati: difesa aerea e missilistica, navi e sommergibili, grandi droni, servizi spaziali, intelligenza artificiale applicata alla difesa e guerra elettronica. Una parte delle risorse potrebbe quindi confluire anche nei piani di modernizzazione delle Forze Armate italiane.
Con questo passo, l’Unione Europea si avvicina sempre più a diventare – nelle parole di Kubilius – una vera e propria “banca della difesa”, capace di coordinare gli investimenti dei singoli Paesi in un’ottica di sicurezza comune e di autonomia strategica.