
Con toni solenni e scandendo le parole come in un manifesto politico, la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha aperto lo Stato dell’Unione a Strasburgo. Davanti agli eurodeputati, la leader tedesca ha parlato di una «lotta per un continente unito e in pace», rivendicando i valori della libertà, dell’indipendenza e della democrazia.
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Von der Leyen ha ricordato le sfide affrontate dall’Europa negli ultimi anni: la pandemia, il piano di ripresa, la difesa comune, il sostegno all’Ucraina, la sicurezza energetica. Temi che, secondo la presidente, hanno mostrato come l’Unione sia riuscita a superare ostacoli giudicati insormontabili. «Ogni volta ci è stato detto che non potevamo farcela – ha affermato – ma insieme abbiamo dimostrato il contrario».
La sfida per il futuro dell’Unione
Il messaggio centrale del suo intervento è stato chiaro: la necessità di rafforzare l’indipendenza europea. «Questo deve essere il momento dell’indipendenza dell’Europa», ha detto con fermezza. Per la presidente, la priorità è trasformare l’Unione in un soggetto politico capace di determinare il proprio destino, senza essere condizionato da divisioni interne o da potenze esterne.
«La domanda che ci troviamo davanti è semplice – ha continuato –: l’Europa ha il coraggio di affrontare questa battaglia? Abbiamo l’unità e la volontà politica per farlo?». Da qui l’appello finale, rivolto non solo ai governi ma anche ai deputati e ai commissari: «Ognuno di noi deve scegliere se contribuire a un’Europa forte e coesa o cedere alle divisioni».

Le critiche alla linea della Commissione
Accanto agli applausi, non sono mancate le polemiche. Una parte del Parlamento e dell’opinione pubblica contesta a von der Leyen di aver impostato la sua presidenza quasi esclusivamente in chiave di conflitto e di difesa militare, senza promuovere con altrettanta forza una politica di pace.
Le parole pronunciate a Strasburgo, incentrate sulla «lotta» e sulla necessità di «resistere uniti», hanno alimentato le accuse di chi vede nella Commissione una macchina sempre più sbilanciata verso il sostegno militare all’Ucraina e sempre meno orientata alla diplomazia. «L’Europa non sta lottando per la pace – sostengono i critici – ma per prolungare una logica di scontro che rischia di isolare l’Unione e di allontanarla dalle aspettative dei suoi cittadini».

L’Europa tra unità e divisioni
Il confronto politico rimane acceso. Da una parte chi difende l’impostazione della presidente, ritenendo che l’Unione debba restare compatta di fronte alle sfide geopolitiche e ai rischi di frammentazione. Dall’altra, chi invoca un cambio di passo, chiedendo che la priorità torni a essere la ricerca di un cessate il fuoco, la diplomazia internazionale e un ruolo da mediatore nei conflitti globali.
Lo Stato dell’Unione 2025 si chiude dunque con un appello all’unità ma anche con una frattura evidente: tra chi vuole un’Europa più assertiva e chi chiede un’Europa più pacifista. Il futuro politico della presidenza von der Leyen resta legato a questo equilibrio fragile, che mette in discussione la capacità dell’Unione di conciliare sicurezza, indipendenza e pace.