
Gli Stati Uniti hanno annunciato un piano che prevede il coinvolgimento dei pescatori filippini come informatori, incaricati di monitorare la pesca illegale e le attività dannose per l’ambiente nelle acque contese del Mar Cinese Meridionale.
La proposta è stata illustrata il 4 settembre 2025 a Manila da Jonathan Fritz, vicesegretario di Stato aggiunto per gli Affari dell’Asia orientale e del Pacifico. Secondo Washington, si tratta di rafforzare la capacità di Manila di controllare il proprio spazio marittimo, colpito da incursioni sempre più frequenti da parte di imbarcazioni straniere, soprattutto cinesi.
Il piano punta a creare canali strutturati di comunicazione tra comunità costiere, governi locali e autorità nazionali, in modo da trasformare i pescatori in una sorta di rete di osservatori sul campo.
Un mare sempre più conteso
Il Mar Cinese Meridionale è da anni teatro di forti rivalità geopolitiche. Le sue acque ospitano importanti risorse ittiche e sono cruciali per le rotte commerciali internazionali. Oltre alle Filippine, anche Vietnam, Malesia e Brunei contestano le rivendicazioni avanzate da Pechino, che considera quasi tutto il bacino come proprio territorio sovrano.
Gli scontri tra navi rivali, i blocchi contro i pescatori locali e il danneggiamento delle barriere coralline hanno contribuito a un’escalation di tensioni. Dal 2012, ad esempio, la Cina ha assunto il controllo di Scarborough Shoal, un banco di pesca fondamentale per le comunità filippine, trasformandolo in un simbolo delle rivendicazioni territoriali in sospeso.
I rischi per i civili
La proposta americana ha sollevato forti preoccupazioni tra gli analisti di sicurezza. Coinvolgere civili non addestrati in acque disputate potrebbe metterne a rischio la vita, esponendoli a possibili ritorsioni da parte della guardia costiera cinese o di imbarcazioni commerciali ostili.
Gli esperti hanno inoltre dubitato dell’efficacia di tali informazioni: la mancanza di formazione, di protocolli chiari e di strumenti tecnologici potrebbe ridurre la qualità dei dati raccolti. Alcuni osservatori hanno ipotizzato soluzioni alternative, come l’impiego di personale di intelligence o l’installazione di sistemi di sorveglianza diretta sulle imbarcazioni.
Dimensione ambientale e strategica
Oltre all’aspetto militare e politico, la proposta tocca la questione della tutela ambientale. Le attività di dragaggio, la raccolta di vongole giganti e la pesca intensiva hanno devastato ampie porzioni di barriere coralline, con gravi conseguenze per la biodiversità.
Secondo alcuni studiosi, l’iniziativa statunitense segnala la volontà di integrare la protezione degli ecosistemi marini nella più ampia competizione strategica con la Cina. Il messaggio è che la sicurezza ambientale e quella nazionale sono ormai strettamente collegate.

Le reazioni dei pescatori alla proposta degli Stati Uniti
I pescatori filippini, primi protagonisti di questa disputa, mostrano cauto sostegno. Alcuni hanno espresso disponibilità a collaborare, riconoscendo la necessità di difendere le risorse locali, ma hanno sottolineato i rischi per il loro sostentamento e la loro sicurezza personale.
In alcune comunità, la collaborazione con la marina e la guardia costiera è già una realtà, ma la perdita di accesso a zone come Scarborough Shoal alimenta frustrazione e senso di impotenza. L’eventuale trasformazione in “sentinelle del mare” potrebbe aggravare la loro vulnerabilità se non accompagnata da adeguate misure di protezione.
Una soluzione tampone
Gli analisti concordano sul fatto che il piano Usa rappresenti più una misura tampone che una soluzione definitiva. Può aiutare Manila a rafforzare temporaneamente la propria sorveglianza, ma non affronta il nodo centrale: la mancanza di un quadro regionale condiviso di governance marittima e ambientale.
Senza un approccio multilaterale, che includa ricerca scientifica, regolamentazioni sulla pesca sostenibile e accordi vincolanti tra i Paesi rivieraschi, il degrado ambientale e le tensioni geopolitiche continueranno a crescere.
Le implicazioni geopolitiche
La mossa di Washington si inserisce nella più ampia strategia americana di consolidare la cosiddetta “prima catena di isole”, volta a contenere l’espansione marittima della Cina nel Pacifico. Per Manila, la collaborazione con gli Stati Uniti rafforza la deterrenza ma aumenta al tempo stesso la propria esposizione nello scontro tra le due superpotenze.
Il rischio è che i pescatori diventino pedine di un confronto strategico molto più grande di loro, portando la disputa dal livello diplomatico e militare a quello della vita quotidiana delle comunità costiere.