
“Non conta nulla”. Con tre parole Mario Draghi ha liquidato l’Europa dal palco del Meeting di Rimini. Non un semplice giudizio geopolitico, ma un messaggio dal peso politico enorme. L’ex premier, abituato alla cautela, ha scelto toni inusuali, lasciando intendere che l’illusione di un ruolo continentale fondato solo sul peso economico sia ormai tramontata.
Quelle frasi dell’ex banchiere hanno fatto più rumore di un comizio e, nei palazzi romani, sono state lette come il segnale di un possibile rientro in scena con orizzonte ben preciso: il Quirinale.
Draghi non si è limitato a un’analisi tecnica. Ha tracciato un giudizio netto, quasi una sentenza. Una scelta che rafforza l’idea di un ritorno pubblico costruito con apparizioni mirate, dopo mesi di incontri riservati e confronti con think tank internazionali. Già a maggio, in Portogallo, aveva parlato di competitività e debito comune. Ma a Rimini l’ex premier è andato oltre: non più consigli, ma un ruolo da potenziale arbitro della politica.
Il contesto romano e la prospettiva del Colle
La possibilità di un futuro al Colle non è nuova. Nel 2022, durante la crisi della maggioranza, Draghi aveva guardato con interesse al Quirinale, frenato però dalla fragilità del sistema parlamentare e dall’impossibilità di costruire un consenso trasversale. Oggi, lo scenario è diverso. A Palazzo Chigi Giorgia Meloni ha consolidato la leadership, ma nei colloqui riservati da mesi si ragiona sul dopo-Mattarella. E la premier, raccontano, non intende “farsi trovare impreparata“.

In questo quadro, il nome di Draghi riemerge come opzione silenziosa ma potenzialmente dirompente. Non è organico al centrodestra, ma non è percepito come ostile. Ha rapporti solidi con Giancarlo Giorgetti e Alfredo Mantovano, e con la stessa Meloni il legame personale si è rafforzato dopo la fine del suo governo. Per questo, la sua figura torna a circolare con insistenza come profilo di garanzia, soprattutto agli occhi delle cancellerie europee. Nonostante le dure critiche continentali.
Una candidatura che resta sospesa
La domanda resta: Draghi ci sta davvero pensando? Le risposte, da chi lo frequenta, sono prudenti. “Non si espone, ma ha riaperto alcuni canali, e soprattutto non si è tirato indietro quando gli è stato chiesto di tornare a parlare in pubblico”, confida una fonte politica. Per chi conosce i codici della capitale, è un segnale forte.
Non c’è ancora un progetto dichiarato, né un vero campo largo pronto a sostenerlo. Ma l’ex premier ha fatto capire di non voler restare ai margini. E in una politica segnata da personalismi e fragilità strutturali, il ritorno di Draghi come figura di garanzia al Quirinale appare oggi meno remoto di quanto sembrasse appena un anno fa.