
Ogni incidente militare rischia di diventare una miccia pronta ad accendere una pericolosa escalation. È questo il monito che arriva dal generale Marco Bertolini, ex comandante della Folgore, intervistato da Italia Oggi e sempre più preoccupato per lo scenario internazionale legato al conflitto tra Russia e Ucraina. Secondo Bertolini, la responsabilità della tensione crescente non ricade solo su Mosca e su Vladimir Putin, ma coinvolge anche l’Unione europea, accusata di portare avanti un “gioco sporco sull’Ucraina”.
Cresce la tensione dopo l’episodio dei droni russi
L’ultima scintilla che ha agitato l’Europa è arrivata nella notte tra martedì e mercoledì, quando alcuni droni russi hanno attraversato lo spazio aereo della Polonia, costringendo tutto il continente e la Nato a entrare in stato d’allerta. Bertolini non esclude che si sia trattato di una ritorsione: “La Von der Leyen è appena stata al confine tra Polonia e Bielorussia, parlandone come se fosse il confine dell’Europa, Kaja Kallas ha ribadito che continuerà il sostegno all’Ucraina. Una cosa la possiamo dire di sicuro: il clima generale è bellico, come se l’Europa fosse davvero in guerra, anche se in realtà si tratta di un conflitto non dichiarato, «comodo», perché lo combattono gli altri, in cui noi mettiamo armi, finanziamenti e parole”, osserva il generale, lanciando l’allarme su una “escalation preoccupante”.

Crisi europee e tensioni interne: il quadro politico secondo il generale
L’analisi del generale Bertolini si allarga anche al contesto politico e sociale europeo. “L’Unione Europea sta attraversando una crisi nera, che riguarda anche i Paesi portanti: in Francia c’è la crisi di governo, in Germania l’AfD pare essere diventato nei sondaggi il partito di maggioranza relativa, in Gran Bretagna, che non è nella UE ma gioca un ruolo importante nella guerra in Ucraina, c’è una crisi strisciante che va avanti da tempo. Così qualsiasi incidente si presta a essere cavalcato per alzare il livello della tensione, come la fake news dell’aereo della Von der Leyen il cui GPS sarebbe stato bloccato dai russi”. Secondo Bertolini, le fragilità interne rafforzano la tentazione di usare la minaccia esterna come strumento politico.

Sovranità nazionale e difesa comune: l’Europa alla prova
Davanti a una crisi politica ed economica di queste proporzioni, l’Europa sembra voler accantonare le identità nazionali a favore di una sovranità comunitaria. “Si cerca di soffocare le velleità nazionali che segnano un po’ tutti i Paesi europei, sostituendo le sovranità nazionali con la sovranità europea. Questo è il grosso problema”, afferma Bertolini, evidenziando come la richiesta di una difesa comune sia sempre più spesso lo strumento per rafforzare l’Unione.
Il ragionamento si sposta anche su Kiev, che, secondo il generale, trae vantaggio dal clima di tensione: “Consente di ribadire che tutta l’Europa è in pericolo, che dopo l’Ucraina toccherà anche ad altri. C’è stata una collaborazione abbastanza strana tra Bielorussia, Polonia e Lituania, che hanno percepito lo sconfinamento dei droni come un evento pericoloso da tenere sotto controllo”. Così si rafforza l’immagine di un’Europa compatta, almeno nelle dichiarazioni, contro la Russia.

Le mosse istituzionali alimentano la crisi
Le istituzioni europee non restano a guardare. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha suggerito l’idea di un “muro di droni” sul fronte orientale, mentre la “ministra degli Esteri Ue” Kallas ha parlato apertamente di una “Russia da dividere”. Su questo punto, Bertolini è molto critico: “Stanno combattendo per la loro sopravvivenza, che dipende dalla prosecuzione del conflitto – chiosa il generale Bertolini -. I leader UE sperano di poter continuare questa guerra comoda combattuta dagli ucraini per non dover ammettere la sconfitta”.
La situazione in Europa resta dunque tesa e complessa. Ogni nuovo episodio può diventare il pretesto per alzare il livello dello scontro, mentre la ricerca di una soluzione condivisa sembra ancora lontana. Il rischio di escalation è reale e riguarda tutti, non solo chi si trova direttamente coinvolto nel conflitto.