
Dopo le accuse della giornalista de La Stampa, Francesca Del Vecchio, cacciata dalla Global Sumud Flotilla diretta a Gaza, arriva la replica ufficiale della portavoce Maria Elena Delia. La vicenda, diventata un caso mediatico, ha acceso il dibattito sul rapporto tra missioni umanitarie e libertà di stampa.
La versione della Flotilla
«Abbiamo il massimo rispetto per la libertà di stampa, tanto che noi per primi ringraziamo i media che sono la forma più grande di protezione che abbiamo», ha dichiarato Delia. La portavoce ha poi aggiunto: «Saremmo folli a non rispettare i cronisti, ma i giornalisti che si imbarcano sono anche passeggeri quindi si troveranno su una barca con un vero e proprio equipaggio. Ci siamo dati delle regole, che valgono per tutti, per proteggerci».
Secondo la sua ricostruzione, «nel caso di Francesca Del Vecchio, purtroppo, queste regole non sono state rispettate e, come sarebbe successo a chiunque altro di noi, anche non giornalista, si è generata una perdita di fiducia».
La denuncia di Francesca Del Vecchio
La cronista torinese ha invece raccontato un’altra versione: «’Giornalista pericolosa’. È un’etichetta che non pensavo mi si potesse attribuire, quando ho accettato di raccontare l’avventura della Global Sumud Flotilla verso Gaza. Ma è ciò che è successo e che ha comportato la mia espulsione dalla missione».
Del Vecchio sostiene di essere stata rimossa dalle chat di gruppo, privata del passaporto e infine allontanata dal porto. «Sei pericolosa. Il tuo giornale ci ricopre di m***a», le sarebbe stato detto da alcuni membri del direttivo.
Due verità contrapposte
La giornalista precisa di non voler mettere in discussione la bontà della missione umanitaria: «Provare a portare aiuti a Gaza è ammirevole, anzi doveroso. Ma è doveroso anche raccontare la verità». Conclude così: «Quando uno sguardo viene allontanato, perché non lo si considera ‘utile allo scopo’, si perde un’occasione. Quella di capire, un po’ meglio, il mondo che ci circonda».