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Manuale Murgia, svolta epocale delle indagini: cosa hanno scoperto

Pubblicato: 12/09/2025 18:55

Un nuovo capitolo si apre nel caso di Manuela Murgia, la 16enne cagliaritana trovata senza vita il 5 febbraio 1995 nel canyon della necropoli di Tuvixeddu, a Cagliari. All’epoca la vicenda fu rapidamente archiviata come suicidio, ma i dubbi della famiglia non si sono mai spenti. Oggi, a quasi trent’anni di distanza, la riapertura delle indagini porta a scenari inediti.

Le nuove analisi scientifiche

Già a luglio era arrivata una prima svolta: sugli abiti della ragazza erano state trovate tracce di sangue e materiale biologico. Ora, i consulenti nominati dalle parti confermano che Dna maschile è presente su più indumenti: jeans, giubbotto, slip e reggiseno.

Sono stati prelevati circa ottanta campioni e, in una parte consistente, è stato isolato materiale genetico attribuibile a un uomo. Un elemento che indebolisce ulteriormente la tesi del suicidio. Gli esperti invitano però alla cautela: serviranno ulteriori amplificazioni e tipizzazioni per ottenere profili più precisi.

Un indagato e nuove verifiche

Al centro dell’inchiesta c’è Enrico Astero, l’allora fidanzato di Manuela, oggi 54enne. Il suo nome è stato iscritto nel registro degli indagati per omicidio volontario già a maggio, quando la Procura ha riaperto il fascicolo. Con le nuove analisi biologiche, il quadro probatorio si arricchisce.

Il gip Giorgio Altieri ha incaricato i carabinieri del Ris di approfondire non solo le tracce di Dna, ma anche gli aspetti dattiloscopici e merceologici dei vestiti, per escludere contaminazioni e garantire confronti affidabili. Saranno poi comparati i profili genetici con la banca dati nazionale e con quello dell’indagato, che deve ancora essere acquisito.

La battaglia della famiglia

Due consulenti di rilievo seguono il caso: l’ex generale dei Ris di Parma Luciano Garofano per la difesa e Emiliano Giardina per la parte civile. Entrambi hanno confermato il rinvenimento delle tracce maschili.

La famiglia Murgia non ha mai creduto al suicidio. «Siamo molto soddisfatti – ha dichiarato l’avvocata Giulia Lai – ora attendiamo la conclusione degli accertamenti». Una battaglia per la verità che dura da quasi trent’anni.

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