
Donald Trump torna a parlare di Russia e Ucraina con il suo stile diretto, cercando al tempo stesso di dettare la linea politica americana e di lanciare segnali all’Europa. In un’intervista a Fox, l’ex presidente ha usato parole nette: secondo lui “c’è un odio tremendo fra Zelensky e Putin” e “la pazienza con Putin si sta esaurendo velocemente”. Un modo per sottolineare che il tempo del negoziato appare sempre più lontano e che lo scontro rischia di diventare cronico.
Dietro l’apparente franchezza, però, si nasconde la logica abituale di Trump: ribadire la sua centralità e presentarsi come l’unico leader in grado di gestire un conflitto che per Washington continua a essere un dossier da manovrare più che una priorità vitale. L’Europa, colpita in prima persona dalle incursioni di droni russi in Polonia, viene relegata a spettatore o a disturbatore, come ha detto Peskov, senza che da parte americana emerga la percezione della posta in gioco esistenziale per i Paesi del continente.

L’Europa tra sanzioni e pressioni americane
Mentre Berlino convoca l’ambasciatore russo per protestare contro le violazioni del proprio spazio aereo e Bruxelles prepara il diciannovesimo pacchetto di sanzioni, gli Stati Uniti tornano a fare pressing sugli alleati. Washington chiede infatti a Ungheria e Slovacchia di rinunciare definitivamente all’energia russa, spingendo perché l’intero fabbisogno europeo venga sostituito con forniture americane o comunque occidentali.
Il messaggio è chiaro: se l’America considera la guerra in Ucraina come una questione di equilibrio globale, l’Europa viene trattata come un cliente a cui imporre scelte energetiche e strategiche, più che come un partner paritario. In questo contesto, le frasi di Trump su Putin vanno lette non solo come un giudizio sullo stato del conflitto, ma anche come un avvertimento: il tempo corre, la pazienza finisce, ma la soluzione resta nelle mani di chi guida davvero il tavolo, cioè Washington.