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“Liliana Resinovich? Cosa non torna”. Roberta Bruzzone, clamoroso: si ribalta tutto

Pubblicato: 14/09/2025 12:39

Il caso di Liliana Resinovich continua a rimanere avvolto nel mistero. La donna, scomparsa da Trieste il 14 dicembre 2021, è stata ritrovata senza vita tre settimane dopo, il 5 gennaio 2022, in un’area boschiva della città. A quasi tre anni di distanza, le indagini non hanno ancora fornito una verità certa: suicidio, omicidio o morte accidentale restano tutte piste aperte.

Un nuovo elemento è al vaglio degli inquirenti: il giubbotto indossato dalla donna al momento della scomparsa. Il capo d’abbigliamento è stato inviato all’Istituto di Medicina Legale di Ancona, dove verrà sottoposto ad analisi genetiche, merceologiche e dattiloscopiche per rilevare eventuali tracce biologiche o impronte di terze persone.

Nel frattempo, l’attenzione si concentra anche su un aspetto poco esplorato finora: una GoPro appartenente al marito, Sebastiano Visintin. L’uomo ha fornito un alibi basato su una scheda SD che, però, risulta formattata. Alcuni file sarebbero stati cancellati prima dell’avvio delle indagini ufficiali.

Secondo quanto riferito dallo stesso Visintin, la formattazione non avrebbe impedito agli investigatori di recuperare foto e video utili. Tuttavia, resta da chiarire se tra i contenuti eliminati ci fossero elementi rilevanti per ricostruire gli ultimi movimenti della moglie e le sue condizioni psico-emotive nei giorni precedenti alla scomparsa.

A gettare nuova luce sul caso è intervenuta la criminologa Roberta Bruzzone, in occasione della seconda stagione del documentario Nella Mente di Narciso su RaiPlay. In un’intervista a Repubblica, ha dichiarato di non essere del tutto convinta che si tratti di omicidio.

Secondo Bruzzone, Liliana Resinovich mostrava “tratti dipendenti di personalità” e tendeva a legarsi a figure maschili forti, definite “uomini ingombranti”. Un contesto relazionale che avrebbe potuto metterla sotto pressione e portarla a vivere una condizione emotiva complessa e difficile da gestire.

La criminologa solleva anche dubbi su un dettaglio tecnico: il corpo di Liliana è stato ritrovato con due sacchetti in testa. “Se si vuole inscenare un suicidio, perché usarne due e non uno solo?”, si chiede Bruzzone, sottolineando un elemento che potrebbe suggerire una messinscena oppure un gesto disperato pianificato nei minimi dettagli.

Mentre la Procura prosegue con le verifiche su reperti e materiale digitale, la verità sulla morte di Liliana Resinovich resta lontana. I familiari e l’opinione pubblica attendono risposte chiare su uno dei casi di cronaca più controversi degli ultimi anni, ancora senza colpevoli né certezze.

La vicenda rimane al centro dell’attenzione nazionale, tra dubbi investigativi, analisi tecniche e profili psicologici. Il lavoro degli inquirenti, unito a nuovi strumenti forensi, potrebbe presto fornire elementi decisivi per chiarire quanto accaduto a Liliana.

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