
Quando aveva undici anni, Gaya Cuppone pesava appena 23 chili e non riusciva nemmeno a trattenere un sorso d’acqua. I dolori addominali erano continui, debilitanti. Ma per i medici si trattava di anoressia nervosa, legata alla separazione dei genitori. Nessuno sembrava credere davvero al suo dolore. «Quando finalmente mi dissero che era il Morbo di Crohn, tirai quasi un sospiro di sollievo», racconta oggi a Leggo. «Avevo finalmente un nome per descrivere quello che provavo».
Oggi Gaya ha 24 anni, vive a Novara e lavora come modella. Sul suo profilo social mostra con orgoglio la stomia, un’apertura chirurgica sull’addome che le ha salvato la vita. «Per me è un simbolo di forza. Noi pazienti stomizzati non abbiamo qualcosa in meno, anzi, forse qualcosa in più».

La diagnosi di Morbo di Crohn è arrivata dopo mesi di incertezze e sofferenze. Ma da lì è iniziato un percorso durissimo: ospedali, cure inefficaci e interventi chirurgici sempre più complessi. «All’inizio i medici contarono 267 ulcere nel mio intestino. Poi smisero: era devastato». A soli 16 anni Gaya si sottopone al primo delicatissimo intervento al Policlinico Sant’Orsola di Bologna, dopo che nessun chirurgo pediatrico in Italia aveva voluto prendersi la responsabilità.
Per tre anni ha vissuto con un setone, un dispositivo che permetteva il drenaggio di un ascesso causato dalla malattia. Ma non è bastato. Nuove complicazioni l’hanno portata, a soli 18 anni, all’impianto di una stomia definitiva. «Non chiesi quanto sarebbe stato difficile. Chiesi solo: “Quando posso tornare a lavorare?”».
La stomia, oggi, per lei è una nuova normalità. Niente più corse in bagno, niente più paura di uscire. «È come avere un bambino di cui ti prendi cura», racconta, «ma mi ha dato una libertà che non avevo più». Gaya cambia ogni giorno i cerotti che tengono la sacca aderente alla pelle e gira sempre con dei ricambi nella borsa. «Mi ha restituito la vita. Mi ci sono affezionata».

Oltre alla forza fisica, ha coltivato una forza interiore e un rapporto diverso con il proprio corpo. «Ho sviluppato una sensibilità tale che, anche di notte, sento quando la stomia è piena e mi sveglio automaticamente». Un equilibrio costruito giorno dopo giorno, senza mai arrendersi.
La passione per la moda è nata quasi per caso, mentre affrontava le terapie. Gaya ha iniziato a posare per piccole campagne locali e poi per fotografi più noti, con uno stile che unisce bellezza e consapevolezza. In ogni scatto, la stomia è presente, visibile, mai nascosta.
«Mi mostro così come sono», afferma. «Perché voglio che chi vive qualcosa di simile sappia che non deve vergognarsi. Che non è solo. Il corpo cambia, ma può continuare a raccontare chi sei, con dignità e forza». Il suo messaggio oggi ispira migliaia di persone che la seguono online.
Dalla solitudine di una diagnosi ignorata, Gaya è diventata un volto della resilienza, trasformando il dolore in un racconto di coraggio. Con la stomia in primo piano, ha scelto di non nascondersi mai più.