
“Siamo attoniti, sconvolti. Non accettiamo le accuse rivolteci dai genitori di Paolo”. Così Gina Antonetti, dirigente dell’istituto tecnologico Pacinotti di Fondi, rompe il silenzio dopo la tragedia che ha colpito la sua scuola. Il giovane Paolo Mendico, 15 anni, si è tolto la vita l’11 settembre, poche ore prima dell’inizio del secondo anno scolastico. Frequentava la succursale di Santi Cosma e Damiano, in provincia di Latina.
In un’intervista, la dirigente difende l’operato dei docenti e nega che ci siano state segnalazioni formali di bullismo: “Paolo era un ragazzo educato e sensibile, non aveva mai dato segni di disagio, non ci sono mai stati episodi gravi a scuola. Siamo sconvolti quanto la famiglia”. Ma i genitori del ragazzo raccontano altro: prese in giro per i capelli lunghi, insulti come “femminuccia” e “Paoletta”, e un silenzio pesante intorno al figlio.
Antonetti ammette che alcuni episodi ci sono stati, ma ridimensiona: “I compagni mi hanno riferito che tutto si è risolto nei primi giorni di scuola, anche grazie all’intervento dei professori”. Quanto al presunto taglio di capelli che avrebbe posto fine alle prese in giro, la preside replica: “Non risulta nulla nei verbali dei consigli di classe. Non c’è mai stato un ‘caso Paolo Mendico’”.

La dirigente smentisce anche la versione della famiglia secondo cui solo un compagno avrebbe partecipato al funerale: “Non è vero. Ho visto almeno quattro compagni, con palloncini e fiori. Molti studenti vengono da Minturno, distante da Santi Cosma. Alcuni, a cui sono stati sequestrati i cellulari, forse hanno avuto timore di essere giudicati”.
Sulle presunte denunce di bullismo rivolte alla scuola, la preside è categorica: “Agli atti non c’è nulla. Il padre veniva spesso a scuola, parlava con la responsabile di plesso. Ma si trattava di segnalazioni generiche su comportamenti turbolenti, non atti di bullismo”.
Antonetti conferma che la classe era complessa, ma anche seguita con attenzione: “C’erano tre insegnanti di sostegno, uno sportello psicologico attivo. Paolo andava dallo psicologo scolastico due volte al mese, con consenso firmato dai genitori. Ma non è mai emerso nulla di preoccupante”.

Dopo la tragedia, il Ministero dell’Istruzione ha avviato ispezioni nelle due scuole frequentate da Paolo. Intanto la dirigente solleva un’altra possibile causa: “Temo sia una delle tante vittime del cattivo uso dei social e della tecnologia. Forse è accaduto qualcosa durante l’estate, quando non era a scuola. Gli studenti mi hanno riferito di non essersi mai visti nei mesi estivi”.
Alla domanda se fosse a conoscenza di una chat in cui veniva insultato Paolo, Antonetti risponde: “Non sapevo nulla. E dai verbali non emergevano criticità. Forse la forte presenza dei genitori a scuola, questa tensione costante, ha avuto un peso. Ma a scuola, Paolo si relazionava bene”.
Infine, la preside respinge con fermezza qualsiasi accusa contro i professori: “Il gesto di Paolo è complesso e probabilmente frutto di molteplici concause. Non accetto che venga gettato fango sugli insegnanti. Si impegnano ogni giorno per i loro studenti e meritano rispetto”.