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12enne abusata e ricattata per due anni, spuntano nuovi dettagli: “Anche lui è indagato”

Pubblicato: 16/09/2025 15:32

La città di Sulmona è scossa da un’indagine in continua evoluzione che getta luce su una terribile vicenda di violenza sessuale e revenge porn ai danni di una dodicenne. Il caso, che ha già portato all’iscrizione di un quattordicenne e un diciottenne nel registro degli indagati, si allarga ulteriormente con l’aggiunta di un terzo nome: un minorenne di 17 anni.

Quest’ultimo è accusato di aver non solo filmato il rapporto sessuale forzato, ma anche di aver diffuso il video in una chat di gruppo su WhatsApp, un atto che aggrava notevolmente il quadro accusatorio. La Procura ha infatti contestato al diciassettenne i reati di produzione di materiale pedopornografico e diffusione illecita.

La svolta nell’inchiesta

L’ingresso del diciassettenne nel registro degli indagati segna un momento cruciale per l’indagine. Fino a poco tempo fa, i riflettori erano puntati su un quattordicenne e un diciottenne, entrambi chiamati a rispondere delle gravissime accuse di violenza sessuale aggravata in concorso e revenge porn. Con il nuovo indagato, il quadro si fa ancora più complesso e inquietante, mettendo in evidenza un potenziale network di complicità che ha permesso la creazione e la diffusione di un video che ha alimentato un incubo durato ben due anni per la giovanissima vittima. Questo sviluppo dimostra l’impegno degli inquirenti nel ricostruire ogni passaggio della vicenda, dalle azioni iniziali fino alla capillare diffusione del materiale.

L’audizione protetta della vittima

Per fare piena luce sui dettagli di questa lunga e dolorosa odissea, il Tribunale per i Minorenni dell’Aquila ha fissato un appuntamento fondamentale: l’audizione protetta della dodicenne. Questo tipo di audizione si svolge in un ambiente specializzato, dove la vittima può essere ascoltata da esperti qualificati in un contesto sicuro e non traumatico. La sua testimonianza è cruciale per ricostruire con esattezza gli eventi avvenuti in quel biennio di terrore, un periodo in cui la bambina, poi ragazza, è stata costretta a vivere nella paura e nel silenzio. La collaborazione di professionisti, come psicologi e assistenti sociali, è essenziale per garantire che il racconto della vittima sia raccolto con la massima accuratezza e sensibilità.

Gli accertamenti tecnici irripetibili

Parallelamente all’audizione, i magistrati hanno disposto una serie di accertamenti tecnici irripetibili sui dispositivi elettronici sequestrati agli indagati, tra cui telefoni, tablet e PC. Giovedì, la Procura di Sulmona affiderà l’incarico al perito Vincenzo Corso, a cui si aggiungerà il mandato conferitogli dal Tribunale per i Minorenni il giorno seguente. L’analisi di questi dispositivi richiederà un tempo considerevole, stimato in almeno due mesi. L’obiettivo è analizzare in profondità i file, le conversazioni e le chat per identificare chi ha visualizzato e, soprattutto, chi ha inoltrato i video. Questo passaggio è cruciale non solo per confermare le accuse attuali, ma anche per scoprire altri possibili responsabili che potrebbero aver commesso il reato di revenge porn.

La storia di un incubo durato due anni

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, la storia dell’orrore ha avuto inizio nell’estate del 2023 in un luogo che dovrebbe essere un simbolo di serenità: i giardini del parcheggio di Santa Chiara a Sulmona. È qui che la bambina, allora appena decenne, avrebbe subito la violenza e sarebbe stata ripresa. Quelle immagini, anziché essere un semplice documento di un crimine, sono diventate lo strumento di un brutale ricatto psicologico che l’ha tenuta prigioniera per due anni. La minaccia era chiara e agghiacciante: «Se parli, facciamo vedere a tutti di cosa sei stata capace». Un’affermazione che non solo delegittimava la sua sofferenza, ma la rendeva anche complice di un atto subìto, trasformando il terrore in un peso di vergogna e paura.

Il lungo incubo è terminato solo nel luglio del 2025. La giovane ha trovato la forza di reagire quando ha scoperto che il video era ormai fuori dal controllo degli aggressori e circolava tra i telefoni dei coetanei. La consapevolezza che le immagini del suo abuso fossero diventate di dominio pubblico, e la vergogna associata a quella diffusione, hanno fornito la spinta necessaria per cercare aiuto. Ha composto il numero del 114, la linea d’emergenza per l’infanzia e l’adolescenza, un gesto di coraggio straordinario che ha finalmente squarciato il velo di silenzio. L’intervento dei carabinieri di Sulmona ha dato il via a un’indagine che ora coinvolge un’intera comunità, costretta a confrontarsi con la brutalità di un crimine che ha usato parole e immagini come catene per tenere una ragazzina nella paura.

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