
Un’intera famiglia distrutta e una comunità sconvolta dopo la morte di Paolo Mendico, il ragazzo di 14 anni di Latina che si è tolto la vita a un giorno dal rientro a scuola. Il padre, Giuseppe Mendico, rompe il silenzio e accusa apertamente l’istituto scolastico: “Noi gli siamo stati sempre vicini, i professori e la vicepreside sapevano degli atti di bullismo, ma non hanno fatto niente”, ha dichiarato in un’intervista al Corriere della Sera.
Secondo il racconto del padre, il giovane Paolo sarebbe stato vittima di bullismo già dalle scuole elementari. “Avevamo già fatto una denuncia ai carabinieri perché veniva preso di mira da compagni e perfino da alcune maestre. Un giorno, un bambino si presentò in classe con un coltello di plastica dicendo che voleva ammazzarlo, e una maestra incitava gli altri alla rissa”, ha raccontato il padre. “Tutto quello che dico è nero su bianco, documentato”.

La situazione si sarebbe ulteriormente aggravata alle scuole superiori. Paolo era un ragazzo giudizioso, con voti buoni, ma era stato rimandato in matematica. Nonostante ciò, subiva continue prese in giro. “Lo chiamavano ‘Nino D’Angelo’ per i capelli lunghi biondi o ‘Paoletta’ per il caschetto. Quando riportava qualcosa ai professori, lo accusavano di fare lo spione”, spiega il padre, descrivendo un ambiente ostile e poco attento.
In una circostanza, Paolo era stato obbligato, come il resto della classe, a scrivere una frase di scuse per 400 volte, a seguito dell’offesa di due compagni verso un’insegnante. “Paolo non c’entrava nulla, ho chiesto ai professori di esonerarlo, ma non hanno voluto ascoltare”, ricorda il papà, denunciando l’atteggiamento indiscriminato e punitivo della scuola.
La sera prima della tragedia, però, nulla lasciava presagire un gesto così estremo. “Avevamo cenato insieme, lui aveva fatto il pane, preparato lo zaino e annotato le materie sul diario. Sembrava tranquillo”, racconta il padre, ancora sotto shock. “Forse aveva scritto un messaggio ai compagni per chiedere che gli riservassero un posto in prima fila. Se lo ha fatto e poi si è tolto la vita, qualcosa deve essere accaduto”.

“Siamo distrutti. Confusi e distrutti”, ripete più volte il padre, lasciando emergere tutta la sofferenza di chi ha perso un figlio in circostanze così drammatiche. Ora sono in corso le indagini dei carabinieri, che stanno acquisendo documenti, chat, registri scolastici e testimonianze per fare chiarezza sul contesto e sull’eventuale responsabilità dell’istituto.
In particolare, le autorità stanno verificando se le segnalazioni della famiglia siano state protocollate, se la scuola abbia attivato i protocolli anti-bullismo, richiesto il supporto di psicologi o coinvolto i servizi sociali, come previsto in casi simili. Anche il ministero dell’Istruzione, guidato da Giuseppe Valditara, ha avviato un’ispezione ministeriale.
“Il ministro ci ha voluto rassicurare sull’impegno del governo per fare chiarezza”, ha detto ancora il padre. Le verifiche ispettive sono iniziate nelle scuole frequentate da Paolo e nei prossimi giorni è previsto un incontro tra il genitore e un’ispettrice ministeriale. L’obiettivo è capire se la morte del ragazzo poteva essere evitata e se il sistema scolastico ha fatto davvero tutto il possibile per proteggerlo.
L’ennesimo caso di bullismo scolastico finito in tragedia solleva interrogativi pesanti su quanto davvero le scuole italiane siano pronte a intervenire. Il ricordo di Paolo diventa ora un grido di allarme, perché situazioni del genere non si ripetano più.