
Castel Gandolfo ha fatto da cornice alla novità: Papa Leone ha detto che “la Nato non ha cominciato nessuna guerra”, aggiungendo che i polacchi si sentono “invasi nel loro spazio” e che la situazione con il Cremlino è “molto tesa”. Parole che segnano un cambio di passo e che alimentano il contrasto con quanto dichiarò Papa Francesco nel 2022, quando parlò dell’“abbaiare della Nato alle porte di Mosca”.
La linea di Leone XIV sull’Ucraina
Negli ultimi mesi Leone XIV aveva insistito su speranza, lavoro e preghiera come strumenti per arrivare a una soluzione. Il 19 agosto aveva ribadito che bisogna “trovare la strada per andare avanti” e a fine mese aveva chiesto “dialogo serio” subito dopo i raid su Kiev, ricevendo anche il ringraziamento di Zelensky. In occasione della festa nazionale ucraina aveva inviato un messaggio diretto a Kiev, pregando perché tacciano le armi e si apra lo spazio al dialogo.
Il Papa americano ha collegato il dramma ucraino anche al Medio Oriente, invitando alla conversione dei cuori e a spegnere l’odio con un digiuno di pace. Oggi, però, l’accento sulla Nato come soggetto non aggressore lo colloca su una linea che avvicina i Paesi dell’Est e allontana, di fatto, le letture precedenti della Santa Sede.
La distanza da Francesco
Tre anni fa, in un’intervista, Papa Francesco aveva sottolineato che la Nato aveva “provocato” Putin e parlato apertamente dell’“abbaiare” dell’Alleanza ai confini della Russia. Non un sostegno a Mosca, ma un messaggio che di fatto equiparava le responsabilità nel conflitto. Con Leone XIV la posizione cambia: da un lato rimane la richiesta di dialogo e silenzio delle armi, dall’altro si fa strada una visione che assolve l’Alleanza atlantica dal ruolo di aggressore.
Il risultato è una frattura evidente nella memoria recente della Santa Sede: mentre Francesco aveva puntato il dito contro l’Occidente per il rischio di aver esasperato le tensioni con Mosca, Leone XIV preferisce riconoscere la legittimità delle preoccupazioni degli Stati dell’Est, a partire dalla Polonia, e ribadire che l’Alleanza non ha responsabilità dirette nello scoppio della guerra. Una differenza che non è soltanto di linguaggio, ma che rischia di tradursi anche in un diverso modo di dialogare con gli interlocutori internazionali.
Se il pontificato di Francesco era stato percepito come più critico verso le strategie occidentali, quello di Leone XIV appare più vicino alle sensibilità di chi, nell’Unione europea e nella stessa Nato, chiede fermezza di fronte all’aggressione russa. Una novità che potrebbe cambiare il ruolo del Vaticano nella partita diplomatica: non più osservatore distante e sospettoso verso l’Occidente, ma potenziale facilitatore di un dialogo che tenga dentro anche i Paesi più esposti alla minaccia russa.