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Pisa, manifestazione pro-Pal all’università finisce malissimo: professore rimane contuso

Pubblicato: 16/09/2025 16:52

La mattina del 16 settembre, un gruppo di studenti pro-Palestina ha fatto irruzione in un’aula del polo Piagge dell’Università di Pisa, interrompendo una lezione del dipartimento di Scienze Politiche. La lezione era tenuta dal professor Rino Casella, docente associato di Diritto comparato, che sui social network degli studenti per la Palestina è stato definito «professore sionista».

L’irruzione e le conseguenze

Il blitz è avvenuto mentre il professor Casella stava tenendo la sua lezione. Secondo quanto riportato, l’insegnante ha tentato di opporsi all’irruzione, ma l’aula è stata completamente occupata dagli studenti. Nel tentativo di impedire il loro accesso, il professore avrebbe subìto delle contusioni che lo hanno costretto a recarsi al pronto soccorso. Dopo aver ricevuto le prime cure, il professor Casella si è recato in questura per sporgere denuncia contro gli autori dell’irruzione. L’accaduto ha sollevato un’ondata di indignazione e preoccupazione, portando l’attenzione sulla questione della libertà di espressione e dell’integrità dell’ambiente accademico. Le azioni degli studenti sono state ampiamente condannate, sia per l’interruzione della lezione che per l’aggressione fisica subita dal docente.

La reazione istituzionale

Immediatamente dopo l’accaduto, il ministro dell’Università, Anna Maria Bernini, è intervenuta telefonicamente. Ha contattato il rettore dell’Ateneo, Riccardo Zucchi, il professor Rino Casella stesso e il prefetto di Pisa, Maria Luisa D’Alessandro. Il ministro ha condannato fermamente l’accaduto, definendolo «intollerabile per una società che si riconosce nei valori della democrazia». Ha inoltre sottolineato che le università non sono «zone franche» dove è consentito aggredire docenti o interrompere lezioni. La Bernini ha espresso la sua vicinanza al professor Casella e a tutta la comunità dell’Università di Pisa, affermando di essere al loro fianco. Ha concluso il suo intervento sottolineando che colpire la libertà accademica significa «attaccare il cuore della nostra democrazia» e che questa libertà deve essere difesa da tutti, «senza se e senza ma».

Il dibattito sulla libertà accademica

Questo episodio ha riacceso il dibattito sulla libertà accademica e sui limiti della protesta studentesca. Se da un lato la protesta è un elemento fondamentale in una democrazia, dall’altro l’uso della forza, l’interruzione di un servizio pubblico e l’aggressione a un docente sollevano seri interrogativi. Molti ritengono che l’università debba rimanere un luogo di libero scambio di idee, dove il confronto, anche acceso, avvenga nel rispetto reciproco e senza ricorrere alla violenza o all’intimidazione. La posizione del professor Casella, definita «sionista» dagli studenti, è stata utilizzata come pretesto per l’azione, ma ciò non giustifica, secondo la maggior parte delle voci, la violazione dello spazio accademico e la violenza fisica. L’evento di Pisa sottolinea le crescenti tensioni all’interno degli atenei italiani, dove le questioni politiche internazionali si riflettono in conflitti locali, mettendo a rischio la serenità e la sicurezza delle persone. Il fatto che il professore abbia sporto denuncia e che il ministro sia intervenuta rapidamente mostra la gravità dell’accaduto e la volontà delle istituzioni di riaffermare il ruolo dell’università come luogo di studio e non di scontro.

I precedenti e il contesto

L’episodio di Pisa non è un caso isolato. Negli ultimi anni, le università italiane sono state teatro di diverse proteste legate al conflitto israelo-palestinese, con manifestazioni e occupazioni che hanno spesso creato disagi e tensioni. Tuttavia, la violenza fisica contro un docente rappresenta un escalation preoccupante. Questi episodi evidenziano la necessità di un dialogo costruttivo tra studenti, docenti e istituzioni, per trovare modi pacifici e rispettosi di esprimere le proprie posizioni. Il contesto geopolitico, con il suo carico di emozioni e divisioni, si riversa inevitabilmente negli atenei, che sono per loro natura luoghi di dibattito e di impegno civile. La sfida per la comunità accademica è quella di gestire queste tensioni senza che la violenza o l’intolleranza prevalgano sulla ricerca della conoscenza e sul confronto intellettuale.

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