
La nuova stagione di diMartedì, il talk di approfondimento politico di La7 condotto da Giovanni Floris, è iniziata con uno scontro verbale acceso tra Edward Luttwak, politologo e stratega militare statunitense, e Alessandro Di Battista, scrittore e volto noto del Movimento 5 Stelle (M5S). Il dibattito ha affrontato i conflitti internazionali più rilevanti, dalla guerra in Ucraina al conflitto nella striscia di Gaza, con un’escalation di tensione dovuta all’ingresso delle truppe israeliane nella regione.
Luttwak, noto sostenitore di Israele, ha sfidato direttamente Di Battista, suggerendogli di seguire l’esempio dei volontari internazionali: “Se lui crede alla libertà, alla pace e ai bambini deve farsi volontario e andare in Ucraina a combattere”, ha affermato, sottolineando come, secondo lui, parlare dalla sicurezza del proprio paese non equivalga a sostenere concretamente le cause internazionali.
Di Battista replica e denuncia il clima d’odio
Di Battista ha risposto immediatamente, difendendo la sua posizione e ricordando gli episodi recenti di intimidazione a suo carico. Lo scorso 12 settembre, infatti, una bomba carta è esplosa davanti al centro sociale “La Strada” a Roma, quartiere Garbatella, accompagnata da uno striscione con la scritta “Di Battista puttana di Hamas”. L’attivista ha evidenziato come il clima d’odio non gli impedisca di sostenere le sue posizioni: “Sostenere la causa palestinese e combattere un genocidio è fondamentale”, ha dichiarato, rimarcando l’importanza del rispetto del diritto internazionale nella gestione dei conflitti.
Il confronto tra i due esponenti ha acceso la discussione sull’etica dell’impegno politico e sulla responsabilità individuale nelle crisi internazionali. Mentre Luttwak promuove un approccio diretto e militare, Di Battista ribadisce la necessità di agire nel rispetto delle regole internazionali e del diritto umanitario, sottolineando che la guerra non può essere affrontata con gesti impulsivi ma attraverso strumenti legali e diplomatici.

Analisi del dibattito e implicazioni politiche
Il botta e risposta tra Luttwak e Di Battista ha portato al centro dell’attenzione la questione della responsabilità civile e politica di fronte a crisi internazionali e alla gestione delle informazioni. La proposta di Luttwak di arruolarsi come volontario in zone di conflitto è stata percepita da Di Battista come un approccio pericoloso e poco realistico, soprattutto in un contesto in cui il rispetto del diritto internazionale dovrebbe guidare ogni azione politica e civile.
Il dibattito ha inoltre acceso i riflettori sul tema del clima d’odio in Italia, evidenziato dagli attacchi personali e dalle minacce subite da Di Battista. La discussione ha sottolineato come la polarizzazione politica e sociale possa generare tensioni anche tra figure pubbliche, rendendo necessario promuovere un dialogo basato sulla cultura del confronto e sulla legalità internazionale.
La centralità del diritto internazionale
Di Battista ha insistito sulla necessità di distinguere tra opinioni personali e azioni concrete nel contesto di un conflitto armato: “Esiste il diritto internazionale, non è che si prendono le armi nel 2025 e si va a combattere”, ha chiarito, rimarcando che la legittimazione delle azioni contro genocidi o violazioni dei diritti umani deve passare attraverso strumenti legali riconosciuti a livello globale.
Luttwak e Di Battista hanno così rappresentato due approcci opposti ma complementari: da un lato, l’azione diretta come espressione di impegno personale, dall’altro, la tutela dei principi del diritto internazionale come fondamento per interventi responsabili e legittimi.
Conclusioni del confronto
La puntata di diMartedì ha messo in luce la complessità delle questioni internazionali e delle scelte individuali in contesti di guerra e crisi. Lo scontro tra Luttwak e Di Battista ha offerto agli spettatori un quadro chiaro delle tensioni tra approccio militare diretto e azione politica basata sul diritto e la diplomazia, sottolineando l’importanza di riflettere sulle parole e sulle azioni nel dibattito pubblico.
Il confronto rimane un esempio emblematico della polarizzazione culturale e politica, mostrando come il dialogo, pur acceso, possa stimolare la riflessione critica su temi di portata internazionale, dalla guerra in Ucraina al genocidio palestinese, senza mai dimenticare l’urgenza di tutelare i principi della legalità internazionale e la sicurezza dei cittadini.