
Un viaggio verso la speranza si è trasformato in una tragedia in mare. Quella che doveva essere una traversata verso una nuova vita si è conclusa con un incendio devastante a bordo di un’imbarcazione sovraccarica. I sopravvissuti, ancora sotto shock, raccontano scene di panico e disperazione, con le fiamme che si sono propagate rapidamente e il mare che ha inghiottito tutto nel giro di pochi istanti.
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Le immagini di quel relitto fumante rimasto a galla per pochi minuti, prima di scomparire tra le onde, restano impresse come simbolo di un esodo disperato e senza vie sicure. Persone in fuga da guerre, carestie e persecuzioni hanno trovato la morte nel momento in cui speravano di aver lasciato il peggio alle spalle.
L’incendio durante la traversata dei rifugiati
Secondo quanto riferito, erano 75 i rifugiati sudanesi a bordo dell’imbarcazione che il 14 settembre ha preso fuoco al largo delle coste libiche, provocando un bilancio drammatico: almeno 50 morti accertati. Tra loro, secondo le prime ricostruzioni, anche donne e bambini, che non hanno avuto scampo quando le fiamme hanno avvolto il natante nel pieno della traversata.
I sopravvissuti, pochi e gravemente provati, sono stati recuperati in mare aperto da alcune unità di soccorso giunte sul posto. Il fumo denso, il calore insopportabile e la ressa disperata per salvarsi hanno reso i soccorsi estremamente difficili e pericolosi.

L’allarme e la risposta dell’Oim
La tragedia è stata confermata dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), che ha espresso profondo cordoglio per l’accaduto, dichiarandosi “profondamente addolorata per la tragica perdita di vite umane”. L’agenzia delle Nazioni Unite ha inoltre fatto sapere di aver garantito cure mediche ai sopravvissuti, molti dei quali presentavano ustioni, sintomi di ipotermia e un forte stato di shock.
Attraverso una nota ufficiale, l’Oim ha sottolineato come simili eventi richiedano un’azione immediata: “È necessario un intervento urgente per porre fine a simili tragedie in mare”. L’appello punta a sollecitare politiche più efficaci di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, oltre che corridoi sicuri per chi fugge da situazioni di violenza e instabilità.

Una tragedia che richiama all’azione internazionale
Il naufragio con decine di morti nel Mediterraneo si aggiunge a una lunga scia di incidenti che da anni segnano le rotte migratorie. Ogni volta, il mare restituisce corpi senza nome e storie spezzate, mentre le istituzioni internazionali rinnovano gli appelli per una gestione umana e condivisa dei flussi migratori.
Questo ennesimo incendio su un barcone di migranti mette ancora una volta in luce i rischi estremi affrontati da chi tenta la fuga, ma anche la responsabilità della comunità internazionale nel garantire percorsi sicuri e legali. Finché questi non verranno implementati, tragedie come quella del 14 settembre continueranno a ripetersi, lasciando dietro di sé solo dolore e silenzio.