
La scintilla è scoccata nello studio di È sempre Cartabianca quando Enzo Iacchetti, dopo aver denunciato l’ennesima volta il “genocidio” a Gaza, è stato accusato dall’ospite israeliano di essere “fascista”. In quel momento l’attore ha perso il controllo, si è alzato dalla sedia e ha urlato “ti prendo a pugni”, minacciando di abbandonare la diretta. La conduttrice Bianca Berlinguer ha dovuto interrompere la trasmissione con la pubblicità per placare gli animi e riportare la calma.
Leggi anche: “Sei uno str***”. Iacchetti esplode in diretta e la vip italiana esulta: “Bravo, sei tutti noi”

La scena, trasmessa in diretta, ha mostrato non solo la durezza del confronto, ma anche il rischio di trasformare il dibattito politico in rissa spettacolare. Per Iacchetti, la miccia è stata l’insulto personale, ma il terreno era già minato da settimane di prese di posizione e da un approccio che rifiuta qualsiasi narrazione diversa dalla propria.

Il vizio di chi sceglie un solo lato
Dietro l’esplosione di ieri c’è un dato che va sottolineato: il vizio di chi, scegliendo un lato della visione, non ammette più contraddittorio. Iacchetti è convinto che la tragedia di Gaza non possa essere relativizzata, e considera ogni tentativo di attribuire responsabilità anche ad Hamas come una riduzione intollerabile della sofferenza civile. Ma così facendo finisce per trasformare un talk show in un ring personale, dove non c’è più spazio per domande, repliche o sfumature.
Standing ovation per Enzino Iacchetti su quello che sta accadendo a Gaza 🇵🇸 pic.twitter.com/Y1dMyxTi9H
— Edo (@rienneva_plus) September 16, 2025
Non è la prima volta che l’attore si infiamma in diretta, ma fino a ieri aveva mantenuto la discussione sul piano della denuncia verbale. Stavolta la soglia è stata superata, con il corpo che ha preso il posto della parola e la minaccia fisica che ha sostituito l’argomento. È il segno di un atteggiamento che non si limita all’indignazione: diventa la pretesa di avere per forza ragione, come se la complessità di un conflitto potesse ridursi a un’unica verità.
Il risultato è stato un cortocircuito tipico della televisione contemporanea: da un lato il registro spettacolare del talk show, dall’altro la rigidità di chi si sente custode di una causa. In mezzo, il pubblico, che resta spettatore di una rissa più che di un dibattito.