
È accaduto tutto in pochi secondi, durante una puntata di Cartabianca che si è rapidamente trasformata da dibattito televisivo a scontro emotivo. L’atmosfera, già carica di tensione, si è accesa definitivamente quando Enzo Iacchetti, storico volto della televisione italiana, ha perso la pazienza di fronte all’interlocutore sionista Eyal Mizrahi. Le parole, più che discusse, sono diventate fendenti: accuse, indignazione e dolore si sono intrecciati sul filo sottile che separa il confronto dall’attrito.
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Il tema era quello più difficile, quello che nessun cuore affronta a cuor leggero: la guerra, i bombardamenti, e soprattutto i bambini vittime della violenza. In studio regnava un silenzio sospeso prima della tempesta. Poi, a rompere quell’equilibrio instabile, una frase destinata a restare impressa: «Definisci bambino». È bastata quella domanda, pronunciata da Mizrahi, per far esplodere la rabbia di Iacchetti e far calare il gelo in studio.
Le parole di Iacchetti e la replica di Mizrahi
L’attore e conduttore ha reagito con un misto di incredulità e dolore:
«A fare la fila per il cibo sono soldati di Hamas? Anche i bambini? Avevano il kalashnikov i bambini?» ha chiesto, con la voce rotta dall’emozione. Il riferimento era alle immagini di disperazione provenienti da Gaza, dove tra le macerie si cercano brandelli di normalità.
Alla provocazione, Mizrahi ha risposto con freddezza: «Definisci bambino», come se il concetto stesso di infanzia potesse essere oggetto di disputa. È stato in quel momento che la tensione ha superato il punto di non ritorno.
«Definisco bambino? Vergognati. Definisco bambino? Hai visto le mamme con le caviglie dei bimbi in mano?» ha urlato Iacchetti, lasciando trasparire tutta la rabbia per la disumanizzazione di chi soffre.
Anche Mauro Corona, presente in studio, non ha resistito e ha sbottato: «Mandatelo via questo qua», prendendo apertamente le parti di Iacchetti. Il pubblico ha reagito con un silenzio denso, come se ogni parola fosse diventata improvvisamente superflua di fronte all’evidenza di tanto dolore.

L’intervento di Francesca Albanese sui social
Sulla vicenda è intervenuta anche Francesca Albanese, relatrice speciale dell’ONU per i diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati, con un duro commento pubblicato su X (ex Twitter).
«Il male del nostro tempo sta tutto in questa domanda mostruosa: “definisci bambino” dinanzi a chi denuncia il massacro di decine di migliaia di bimbi Palestinesi a Gaza. E sta anche in chi permette di fare una tale domanda in TV, in nome del “contraddittorio”» ha scritto Albanese, sottolineando come il dibattito mediatico possa talvolta travalicare il confine della dignità umana.
Il suo intervento ha raccolto centinaia di condivisioni e commenti, tra chi ne apprezza il coraggio e chi invece la accusa di mancanza di equilibrio. Ma una cosa è certa: la sua frase ha contribuito a riportare il focus sulla questione centrale, ovvero la sofferenza dei bambini palestinesi, troppo spesso relegati a “danni collaterali” nelle narrazioni di guerra.
Il male del nostro tempo sta tutto in questa domanda mostruosa: “definisci bambino”
— Francesca Albanese, UN Special Rapporteur oPt (@FranceskAlbs) September 17, 2025
dinanzi a chi denuncia il massacro di decine di migliaia di bimbi Palestinesi a Gaza.
E sta anche in chi permette di fare una tale domanda in TV, in nome del “contraddittorio”. pic.twitter.com/aRiXIob6SR
Il significato di un confronto che divide
Lo scontro tra Iacchetti e Mizrahi ha sollevato una riflessione profonda sul linguaggio e sull’etica del dibattito pubblico. In un contesto mediatico dove tutto sembra riducibile a tifo, la frase «definisci bambino» ha assunto un valore simbolico: non solo una provocazione, ma il sintomo di un clima in cui anche l’evidenza della sofferenza può essere messa in discussione per sostenere una posizione.
Molti osservatori hanno sottolineato come il ruolo dei media dovrebbe essere quello di dare voce a chi non ne ha, e non di rendere equivalenti realtà imparagonabili: da un lato i corpi senza vita dei più piccoli sotto le macerie, dall’altro la retorica della “legittima difesa” ad ogni costo. In questo contesto, il crollo emotivo di Iacchetti non è apparso come uno scivolone, ma come un atto di umanità in un luogo che troppo spesso sembra dimenticarla.
Le reazioni e il peso delle parole
Il dibattito televisivo di Cartabianca continua a suscitare polemiche, ma anche a interrogare profondamente il pubblico. Le immagini di Gaza, con le madri che stringono le caviglie dei figli senza vita, restano lo sfondo doloroso su cui si muovono parole che rischiano di sembrare vuote se non misurate con il rispetto dovuto a ogni vita spezzata.
In fondo, tutto si riduce a una domanda semplice, che non dovrebbe aver bisogno di risposta: che cos’è un bambino?. Forse il solo fatto che qualcuno abbia sentito il bisogno di chiederlo, come ha fatto Mizrahi, racconta molto più di quanto mille analisi geopolitiche possano spiegare. E forse è proprio da qui che dovremmo ripartire: dal riconoscere l’umanità negli occhi dei più piccoli, prima ancora di decidere da che parte stare.