
La Procura di Milano ha aperto un fascicolo per omicidio in seguito alla morte del fotografo Maurizio Rebuzzini, 74 anni. L’uomo è stato trovato mercoledì sera agonizzante sul ballatoio del suo studio in via Zuretti, non lontano dalla Stazione Centrale. A lanciare l’allarme è stato il figlio, che lo ha trovato riverso a terra e ha subito chiamato i soccorsi.
Trasportato d’urgenza all’ospedale Fatebenefratelli, Rebuzzini è deceduto poco dopo il ricovero. I sanitari hanno riscontrato sul suo corpo segni compatibili con uno strangolamento e diverse ecchimosi, elementi che hanno spinto gli inquirenti ad aprire l’indagine.

Le indagini
La polizia sta ricostruendo le ultime ore di vita del fotografo e raccogliendo testimonianze nel quartiere. Al momento non si esclude alcuna pista: dall’aggressione a scopo di rapina a dinamiche legate alla sfera personale o professionale della vittima. Gli investigatori stanno inoltre analizzando le telecamere di sorveglianza della zona per individuare eventuali movimenti sospetti.
Il nome di Maurizio Rebuzzini era noto nell’ambiente fotografico: esperto di tecnica e autore di pubblicazioni, aveva fatto della sua passione una professione. Ora restano aperti molti interrogativi sulla dinamica dell’aggressione che ha portato alla sua morte.
Le parole del figlio: “Remotissima ipotesi omicidio”
Il figlio del fotografo, che ha trovato il padre agonizzante in casa ed ha chiamato i soccorsi, ora racconta che trova davvero difficile credere che il padre sia stato ucciso: “Mio padre era una persona buona, gli volevano tutti bene, non era uno che litigava. Conoscendolo, è remotissima la possibilità che qualcuno possa avergli fatto del male”.
Molto commossa la descrizione del padre: “Era un critico fotografico, giornalista, editore e direttore responsabile della sua rivista ‘FOTOgraphia’ fondata nel ‘94. È stato per anni docente all’università Cattolica di Brescia e ha ricevuto numerosi riconoscimenti. Ha operato con una grande etica e professionalità, sempre per il bene e per l’interesse culturale della fotografia. Questo è il motivo per cui era unanimemente apprezzato e grande amico di tanti fotografi importanti. Non ho un ricordo di mio padre che fa una vacanza. Non c’è stato un giorno in cui non passasse dallo studio a fare qualcosa inerente alla rivista o a un’idea che aveva in testa. Tutta la sua vita ha sempre ruotato intorno alla fotografia, che era la sua grande passione e sostanzialmente l’unica cosa che gli interessasse. Era difficile avere una conversazione con lui senza arrivare a parlare di fotografia, ma lui utilizzava la fotografia per parlare di vita. Una cosa che diceva spesso era: ‘La fotografia non è un arido punto di arrivo ma uno splendido punto di partenza, per cui si può arrivare a parlare di tutto’. Ed è quello che lui ha fatto”. Nonostante gli impegni professionali, “anche se stava scrivendo un articolo, se io gli chiedevo di prendere un caffè, mio padre mollava lì tutto e arrivava”.