
Protesta pro Palestina nell’aula del Consiglio comunale di Milano. Un gruppo di attivisti ha interrotto i lavori istituzionali sventolando bandiere palestinesi e scandendo slogan contro la guerra a Gaza. La seduta è stata sospesa per alcuni minuti, tra tensioni e reciproche accuse.
L’irruzione degli attivisti
Gli attivisti, seduti tra il pubblico, hanno improvvisamente iniziato a gridare: “Palestina libera” e “Stop genocidio”, attirando l’attenzione dell’aula. Rivolgendosi direttamente ai consiglieri, hanno accusato l’amministrazione cittadina di non prendere posizione: “Interrompete i rapporti con la città di Tel Aviv perché è una vergogna – hanno scandito –. Alcuni Comuni lo hanno già fatto, dovete vergognarvi. Siete complici del genocidio”.
La protesta, seppur breve, ha costretto la presidenza a sospendere momentaneamente i lavori.
Lo scontro in aula
La reazione non si è fatta attendere. Il consigliere Gianmaria Radice, dei Riformisti, ha risposto a voce alta: “Siete degli anti democratici, siete come gli studenti di Pisa”, riferendosi alle manifestazioni studentesche di queste settimane. Un botta e risposta che ha alzato ulteriormente la tensione in aula.
A stemperare il clima hanno provato alcuni esponenti del centrosinistra. Consiglieri del Pd e di Europa Verde si sono avvicinati agli attivisti per chiarire la posizione delle loro forze politiche.
Un ordine del giorno in discussione
Gli stessi consiglieri hanno ricordato che in questi giorni è in corso la raccolta di firme per presentare un ordine del giorno. Il documento, che sarà discusso a breve in Consiglio comunale, chiede al Comune di interrompere i rapporti di gemellaggio con Tel Aviv e condanna le violenze in corso nella Striscia di Gaza.
La vicenda ha messo in luce ancora una volta come la guerra in Medio Oriente stia polarizzando anche il dibattito politico locale, spaccando le assemblee elettive e alimentando momenti di forte tensione.
Per il Comune di Milano, da sempre legato a Tel Aviv da rapporti istituzionali e culturali, la questione si presenta particolarmente delicata. Da un lato le pressioni di associazioni e movimenti pro Palestina, dall’altro la necessità di mantenere relazioni internazionali già consolidate.