
«Credo nella giustizia riparativa, ma nel mio caso specifico penso sia troppo tardi per chiederla». Così Gino Cecchettin, padre di Giulia Cecchettin, intervenuto nella trasmissione Dentro la notizia su Canale 5. Le sue parole arrivano dopo la notizia che i legali di Filippo Turetta, condannato all’ergastolo in primo grado per l’omicidio della figlia, starebbero valutando il ricorso allo strumento della giustizia riparativa in vista del processo d’Appello.
Il processo di Appello per il femminicidio di Giulia si aprirà il 14 novembre nell’aula bunker di Mestre. Turetta, che in primo grado è stato condannato al carcere a vita senza attenuanti, dovrà affrontare nuovamente la Corte d’Assise d’Appello presieduta dal giudice Michele Medici. I giudici avevano ritenuto valido solo uno dei tre capi d’accusa: omicidio aggravato dalla premeditazione. Escluse, invece, le aggravanti di crudeltà e stalking.
Cecchettin ha sottolineato come il ricorso alla giustizia riparativa non possa essere ridotto a una formalità procedurale o usato strumentalmente in fase di Appello. «Non è un modulo da compilare – ha detto – ma un processo che deve nascere dalla consapevolezza, dalle scuse e, solo in seguito, dalla richiesta di perdono. Ma da Turetta non è arrivato nulla di tutto questo».

Il padre di Giulia ha raccontato che non si è mai sottratto al dialogo con i detenuti, visitando più volte il carcere per condividere la sua esperienza. «Ho conosciuto persone che hanno intrapreso sinceramente il percorso di giustizia riparativa – ha detto – ma richiede tempo, lucidità e soprattutto sincerità. Non può essere utilizzato come espediente per ottenere uno sconto di pena».
«Per quanto mi riguarda – ha aggiunto dal palco del festival di Open a Parma – sono stato colto alla sprovvista da questa richiesta. Mi ha dato l’impressione di un’operazione retorica, priva di quella base di umanità e pentimento necessaria per essere credibile. Non è odio il mio, ma bisogno di verità e rispetto».
Cecchettin ha anche ricordato che non è l’unico coinvolto nella vicenda: «Non sono solo io – ha detto – ci sono Elena, Davide, e tutti i familiari di Giulia. La giustizia riparativa non riguarda solo un singolo individuo, ma l’intero nucleo di chi ha subito un dolore così grande. Va praticata con coscienza, non con opportunismo».
Nei giorni scorsi Turetta è stato aggredito in carcere da un altro detenuto. Il giovane si trovava nella sezione ‘media sicurezza’ del penitenziario di Montorio (Verona) quando ha ricevuto un pugno in faccia da un 55enne. L’aggressore avrebbe agito appellandosi a presunti “codici d’onore” del carcere. Gino Cecchettin ha condannato fermamente l’accaduto: «La violenza non è mai la soluzione. È un errore che non porta giustizia, ma solo altra sofferenza».
Turetta è detenuto dal 25 novembre 2023, giorno del suo arresto in Germania, avvenuto pochi giorni dopo il femminicidio. Dopo la condanna, era stato inizialmente inserito nella sezione ‘protetti’, ma lo scorso marzo è stato trasferito a un regime carcerario meno restrittivo.