
Il destino politico e personale di Ilaria Salis si gioca in queste ore. L’eurodeputata di Alleanza Verdi Sinistra è al centro di una vicenda che va ben oltre il suo caso personale. La sua immunità parlamentare è in bilico, e con essa il processo che la attende in Ungheria per le presunte aggressioni a neonazisti avvenute a Budapest nel febbraio 2023. Da Budapest intanto non arrivano segnali rassicuranti: il portavoce del governo ungherese Zoltan Kovacs ha twittato le coordinate di un carcere di massima sicurezza, indirizzandole direttamente a Salis.
“Sono giorni di terrore”
«Sono giorni difficili. Ho fiducia nei miei colleghi chiamati al voto sull’immunità, ma sì, sono preoccupata. Lo scenario che potrebbe aprirsi è terrificante», spiega Salis, alla vigilia di date che definisce «decisive per la mia vita, io credo anche per la democrazia».
Martedì si esprimerà la commissione Affari legali del Parlamento europeo: se la decisione sarà quella di revocare l’immunità, il 7 ottobre il voto passerà all’assemblea plenaria. «Se il parlamento dovesse acconsentire alla richieste dell’Ungheria e revocarmi l’immunità, ripartirebbe il mio processo a Budapest: un processo farsa, con una sentenza già scritta, svolto in assenza di garanzie democratiche… rischierei fino a 24 anni di carcere, una pena spropositata rispetto ai fatti che mi vengono contestati».
Il timore di un mandato d’arresto europeo
Il pericolo è immediato: «Potrebbero prendermi a Strasburgo, subito dopo il voto, in Italia, a Bruxelles. Potrei essere estradata in Ungheria, riconsegnata a chi mi ha trascinato in tribunale al guinzaglio e in catene, a chi mi ha tenuto in carcere per più di quindici mesi in condizioni disumane e vuole tenermici altri venti».

Un’esperienza che definisce «terribile, drammatica» e che teme potrebbe «essere peggiore» di quella già vissuta, anche per le opinioni espresse contro il governo Orbán: «un regime di estrema destra che esercita il potere in modo assolutistico e vendicativo».
“Non è giustizia, è vendetta”
Salis non ha dubbi sul significato politico della vicenda: «Chi vuole revocarmi l’immunità, vuole consegnare una collega a una chiara persecuzione politica. È vendetta, non è giustizia». E risponde alle accuse di voler sfuggire al processo: «Io voglio un processo giusto, equo, che rispetti i diritti fondamentali e questo nell’Ungheria di Orbán non è possibile».
Le sue parole si intrecciano con l’appello finale: «Mi auguro che i miei colleghi… si riconoscano nei valori fondanti dell’Unione europea e dello stato di diritto. Il voto sulla mia immunità non è solo un caso personale, ma un voto politico sulla democrazia in Europa».