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Guerra moderna, l’Italia sarebbe in grado di difendersi da un attacco? La verità che fa paura

Pubblicato: 19/09/2025 09:23
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Nei cieli d’Europa, un silenzio apparente nasconde tensioni crescenti. La percezione della sicurezza aerea, un tempo relegata a un capitolo tecnico della difesa nazionale, è oggi diventata parte integrante del dibattito pubblico e politico. La minaccia non arriva più solo da frontiere terrestri o marittime: ora può presentarsi in forma di droni, missili balistici o velivoli ipersonici, capaci di attraversare interi confini in pochi minuti.
La guerra tecnologica si gioca in gran parte sopra le nostre teste, e ciò sta cambiando il modo stesso in cui i Paesi europei concepiscono la loro sicurezza nazionale.
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Lo sconfinamento di una dozzina di droni russi nei cieli polacchi, e quindi nello spazio aereo NATO, ha rappresentato uno spartiacque. Per la prima volta, un incidente percepito come “minore” ha innescato una risposta coordinata e immediata da parte dell’Alleanza Atlantica. L’episodio è stato interpretato dagli Alleati come un campanello d’allarme: non un attacco diretto, ma una prova tangibile della vulnerabilità dello spazio aereo europeo.

L’allarme di Crosetto e la sfida della deterrenza

Anche l’Italia ha partecipato a quella delicata operazione di difesa aerea, mobilitando un G-550 CAEW dell’Aeronautica militare dalla base estone di Amari e una batteria SAMP-T dell’Esercito italiano, schierata nell’ambito della missione NATO Baltic Air Policing. In quelle stesse ore, il ministro della Difesa Guido Crosetto ha lanciato un monito: «Non siamo pronti né a un attacco russo né a un attacco da un’altra nazione. Il nostro compito è mettere il Paese nelle condizioni di difendersi se qualche pazzo decidesse di attaccarci».

In un’intervista a Repubblica, Crosetto ha stimato che servano almeno sei anni per rendere l’Italia autosufficiente in caso di attacco estero, escludendo l’intervento NATO. «Se ci attiviamo subito, potremmo essere pronti nel 2031», ha dichiarato. Una previsione che sottolinea la necessità di rafforzare non solo l’apparato tecnologico, ma anche la strategia di deterrenza del Paese, in un contesto internazionale sempre più instabile.

Il piano di modernizzazione della difesa aerea

In audizione alla Commissione Difesa della Camera, il Capo di Stato maggiore della Difesa Luciano Portolano ha delineato le direttrici principali del piano italiano per garantire la sicurezza dello spazio aereo nazionale. «Proseguiremo i programmi Eurofighter 2000 e Joint Strike Fighter con l’acquisizione di 24 nuovi Eurofighter e l’incremento di ulteriori 25 F-35, portando la flotta da 90 a 115 velivoli», ha spiegato. Parallelamente, l’Italia sta investendo nel Global Combat Air Programme (GCAP), un progetto congiunto con Regno Unito e Giappone per sviluppare i caccia di sesta generazione.

Portolano ha inoltre sottolineato l’importanza di potenziare la difesa aerea missilistica integrata, attraverso l’ammodernamento della rete radar nazionale per rilevare minacce balistiche e ipersoniche. A questo si aggiunge il programma JAMMS (Joint Airborne Multi-mission, Multi-sensor System), pensato per fornire capacità avanzate di controllo, analisi e supporto nello spettro elettromagnetico, aumentando l’efficacia operativa e la capacità di risposta immediata.

Conserva: «Serve una difesa nazionale autonoma»

Il Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica militare Antonio Conserva ha confermato la necessità di costruire una difesa nazionale solida e autonoma, capace di integrarsi ma non dipendere totalmente dallo scudo americano. «La capacità di difendere il nostro spazio aereo e di proiettare deterrenza non è più solo una questione tattica ma un pilastro strategico della nostra libertà e prosperità», ha dichiarato davanti alla Commissione Difesa della Camera.

Secondo Conserva, lo spazio di competenza dell’Aeronautica oggi «si estende dall’atmosfera più bassa, dove operano aeromobili e droni, fino allo spazio esterno, dove transitano satelliti, missili ipersonici e missili balistici intercontinentali». Per questo, oltre ai velivoli, sarà centrale l’adozione di nuovi radar a lungo e corto raggio e lo sviluppo di sensori orbitali europei per la difesa antimissile.

Il ruolo cruciale del sistema Samp/T

Tra i pilastri della futura strategia italiana c’è il sistema SAMP/T, già operativo in Italia e Francia, che garantisce capacità di difesa superficie-aria a media gittata contro velivoli e missili balistici di teatro. Il programma di ammodernamento SAMP/T NG, avviato nel 2021, prevede l’integrazione di un radar di ultima generazione e l’impiego del nuovo missile Aster 30 B1 NT Extended Capability, in grado di contrastare minacce sempre più rapide e complesse. L’entrata in servizio è prevista nel 2026 e sarà un tassello fondamentale nella protezione dei cieli nazionali.

Questa rete di sensori avanzati, radar terrestri, aerei radar e satelliti, integrata tramite il sistema C4ISR (Command, Control, Communications, Computers, Intelligence, Surveillance and Reconnaissance), rappresenta oggi il cuore della strategia di sorveglianza e difesa aerea italiana. «Questo sistema – ha spiegato Conserva – è ciò che ci consente di trasformare i dati in azione e l’azione in superiorità operativa».

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