
Dieci anni fa, se qualcuno avesse sostenuto che l’intelligenza artificiale avrebbe superato il livello umano entro il 2029, a Washington non sarebbe stato preso sul serio. Oggi lo scenario è radicalmente cambiato, come ha dimostrato l’audizione della House Oversight Committee, intitolata “Shaping Tomorrow: The Future of Artificial Intelligence”.
I deputati e i testimoni hanno discusso tre aspetti cruciali: il rapido avanzamento dell’IA, la determinazione di Pechino a dominare il settore e la crescente aggressività della Cina nei confronti di Taiwan.
La previsione di Kurzweil e il dibattito sull’AGI, l’Intelligenza Artificiale Generale
Secondo Samuel Hammond, capo economista della Foundation for American Innovation, le “tendenze attuali” indicano che Ray Kurzweil — inventore, autore e dirigente di Google — “aveva ragione” nel prevedere l’arrivo dell’intelligenza artificiale generale (AGI) entro il 2029.
La previsione, discussa da oltre vent’anni nella Silicon Valley, divide la comunità tecnologica: tra i critici figurano Yann LeCun (Meta) e Andrew Ng (Google Brain), mentre tra i sostenitori spiccano Elon Musk e Demis Hassabis (Google DeepMind). Anche i media cinesi controllati dallo Stato hanno iniziato a rilanciare questa scadenza.
L’ombra della competizione con la Cina
Se la Cina, che ha già fissato obiettivi ambiziosi sull’IA, ritiene possibile raggiungere l’AGI entro quattro anni, la sua politica di pressione su Taiwan assume una dimensione ancora più minacciosa.
Hammond ha avvertito che una conquista cinese di Taiwan provocherebbe una “depressione globale”, poiché Pechino bloccherebbe il flusso di microchip avanzati dall’isola. Un rischio già segnalato da esponenti come l’ex segretaria al Commercio Gina Raimondo e dal think tank conservatore Heritage Foundation. I chip prodotti a Taiwan, in particolare dalla leader mondiale TSMC, sono indispensabili per l’economia globale e lo saranno ancor più in un’epoca dominata dall’IA.
Il nodo dei chip e le proposte legislative
Hammond ha sottolineato un paradosso: “Negli ultimi 40 anni abbiamo spostato le nostre industrie verso i servizi, l’intrattenimento, il diritto, la finanza… tutti settori che l’IA rischia di sgonfiare. C’è uno scenario in cui costruiamo l’AGI, ma è la Cina a metterla nelle fabbriche e a trarne i benefici economici”.
Per evitare questa prospettiva, ha proposto un “CHIPS Act 2.0”, sulla scia della legge del 2022 che ha destinato 52 miliardi di dollari a incentivi per la produzione di semiconduttori negli Stati Uniti.
Hammond ha anche richiamato l’attenzione sul GAIN Act, che obbligherebbe i produttori di chip a privilegiare le aziende statunitensi rispetto a quelle cinesi. La norma è stata eliminata dalla versione della Camera del bilancio per la difesa 2026, ma il Senato sta valutando se reinserirla.
Le mosse della Casa Bianca e il futuro della corsa all’IA
Nel dibattito non è stato menzionato che l’amministrazione Trump ha recentemente autorizzato la vendita alla Cina dei chip H20 di Nvidia, fondamentali per l’IA, e ha cercato di bloccare il GAIN Act.
Questi sviluppi suggeriscono che una presa di controllo di Taiwan da parte della Cina potrebbe garantire a Pechino un vantaggio duraturo nello sviluppo dell’intelligenza artificiale. Un prezzo altissimo per l’economia mondiale, ma che i leader cinesi potrebbero ritenere accettabile se ciò significasse emergere più forti nella corsa globale all’IA.