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“Non adesso!”. Rissa alla Camera, il VIDEO che inchioda proprio loro: colpo di scena folle

Pubblicato: 19/09/2025 09:51
rissa Camera video Pd

L’aria a Montecitorio si è fatta densa ancor prima dello scrutinio finale. Il brusio sommesso, i sussurri tra i banchi, le occhiate d’intesa: ogni gesto lasciava intuire che quello in corso non sarebbe stato un voto ordinario. Quando il tabellone elettronico ha illuminato l’esito, la tensione si è sciolta in un applauso fragoroso, capace di riempire l’aula e di straripare dai banchi della maggioranza fino a quelli del governo. La Camera dei deputati ha approvato in terza lettura la riforma della giustizia, un provvedimento destinato a ridisegnare l’assetto dell’ordinamento giudiziario italiano.
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Tra i sorrisi soddisfatti e i volti irrigiditi, qualcuno ha continuato a fissare il tabellone come a voler imprimere nella memoria quei numeri: 243 voti favorevoli e 109 contrari. Non un semplice risultato, ma un segnale politico forte, una dichiarazione d’intenti. Eppure, a pochi secondi dall’esultanza, il clima è cambiato di colpo: urla, gesti concitati, deputati che abbandonano i propri scranni per riversarsi al centro dell’emiciclo.
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La riforma e i suoi punti chiave

La riforma approvata introduce una separazione delle carriere dei magistrati, con una netta distinzione tra magistratura requirente e giudicante. Si prevede inoltre il sdoppiamento del Consiglio superiore della magistratura (Csm) e la nascita di un’Alta Corte Disciplinare dedicata al controllo sui magistrati. Il testo modifica l’articolo 104 della Costituzione, con l’obiettivo di delineare due percorsi professionali distinti per pubblici ministeri e giudici.

Il provvedimento, che ora passa al Senato per la quarta e ultima lettura, sarà poi sottoposto a un referendum confermativo previsto per la primavera del 2026. Una riforma strutturale che, secondo i promotori, punta a garantire maggiore equilibrio tra accusa e difesa, ma che per le opposizioni rischia di compromettere l’indipendenza della magistratura e alterare gli equilibri costituzionali.

La bagarre in aula e le accuse di “sceneggiatura”

Il voto si è chiuso tra gli applausi, ma subito dopo è esplosa la bagarre in aula. La capogruppo del Partito Democratico Chiara Braga ha preso la parola per criticare i membri del governo che si erano uniti all’applauso della maggioranza, scatenando una reazione immediata. Alcuni deputati dell’opposizione, tra cui Leonardo Donno (M5S), hanno lasciato i propri posti per scendere al centro dell’emiciclo. Il presidente di turno Sergio Costa, dopo vari richiami, ha deciso di sospendere la seduta.

Nel frattempo, un video circolato sui social network ha alimentato nuove polemiche: si sentono chiaramente le voci di Chiara Braga ed Elly Schlein che urlano “Non adesso Nico!” a un collega del Pd. Sui social molti utenti hanno sollevato dubbi sull’autenticità della protesta, accusando i dem di aver preparato una vera e propria “messa in scena” per disturbare la votazione.

Le parole di Nordio e la linea della maggioranza

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha liquidato le polemiche parlando di una «diversione» orchestrata dall’opposizione per sminuire l’importanza della vittoria della maggioranza. «In politica bisogna sempre aspettarsi che chi è sconfitto cerchi di annacquare l’amarezza della sconfitta – ha detto –. La bagarre è stata evidentemente provocata per sminuire l’importanza di questa vittoria su un tema essenziale come la riforma della giustizia».

Nordio ha difeso anche la reazione festosa dei banchi della maggioranza: «Non abbiamo affatto applaudito in modo eccessivo, mi pare che un certo entusiasmo sia più che normale». Secondo il Guardasigilli, la maggioranza schiacciante conferma la solidità politica del provvedimento, che «sarà verosimilmente approvato anche dal Senato e successivamente confermato dal voto popolare».

Verso il referendum del 2026

La riforma prosegue dunque il suo percorso legislativo verso l’ultima lettura al Senato e, se approvata, verso il referendum confermativo previsto nel 2026. Un passaggio decisivo che sposterà il giudizio finale dalle aule parlamentari alle urne, chiamando i cittadini a esprimersi su uno dei temi più delicati della democrazia italiana: l’equilibrio tra i poteri dello Stato e l’indipendenza della magistratura.

Nel frattempo, resta aperto il dibattito politico e istituzionale. Tra accuse di “sceneggiature” e applausi celebrativi, la discussione sulla separazione delle carriere dei magistrati appare destinata a proseguire a lungo, segnando uno spartiacque nella storia della giustizia italiana.

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