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Così la Nato può perdere la terza guerra mondiale in 5 giorni

Pubblicato: 20/09/2025 09:01

Un esercizio teorico, ma con un impatto inquietante. A immaginarlo è Sir Richard Shirreff, ex vice comandante supremo per l’Europa della Nato, che in un lungo articolo pubblicato sul Daily Mail ha descritto nei dettagli come la Russia, con il sostegno della Cina, potrebbe travolgere l’Alleanza atlantica. Non un pronostico, ma un avvertimento: in cinque giorni, dice il generale britannico, l’ordine mondiale costruito dopo il 1945 rischierebbe di collassare.

L’obiettivo non è annunciare una data, ma mostrare i meccanismi di una catastrofe possibile. Secondo Shirreff, bastano alcune mosse coordinate — cyber-attacchi, infiltrazioni, offensive militari e indecisioni politiche — per spingere la Nato sull’orlo della disintegrazione.

Il fronte baltico e i blackout a catena

Lo scenario parte dai Paesi baltici, il fronte più vulnerabile. Il 3 novembre, alle due del pomeriggio, un malware colpisce la rete elettrica della Lituania. In pochi minuti il blackout si estende a Estonia e Lettonia, paralizzando ospedali, banche, uffici e trasporti. La popolazione piomba nel caos: niente luce, niente comunicazioni, solo panico crescente.

È in quel momento che entrano in azione gli infiltrati russi, già preparati. Saccheggi, incendi, rivolte nei centri urbani obbligano i governi locali a imporre il coprifuoco. La situazione interna esplode, mentre da Kaliningrad le truppe russe si muovono verso i confini, appoggiate dall’artiglieria e dall’aviazione. L’obiettivo è chiaro: isolare i Baltici dal resto dell’Europa.

Il corridoio di Suwalki sotto attacco

La chiave è il corridoio di Suwalki, quella sottile striscia di terra lunga un centinaio di chilometri che unisce la Lituania alla Polonia. Shirreff lo descrive come il punto più debole dell’intera architettura Nato: se cade, i Paesi baltici vengono tagliati fuori da ogni rinforzo terrestre.

Mosca lo sa e muove con decisione. Le forze russe prendono il controllo dei cieli, limitano i movimenti alleati e minacciano direttamente Vilnius. Bruxelles invoca calma, mentre il segretario generale dell’Alleanza attiva l’articolo 5. Ma l’effetto, almeno nei primi giorni, è quasi nullo: le cancellerie europee esitano, gli Stati Uniti temporeggiano. Il presidente Donald Trump non prende subito posizione, alimentando l’incertezza e lasciando la Lituania sotto assedio.

La Cina scende in campo

Il 6 novembre, nel racconto del generale, arriva il colpo più duro. La Cina annuncia sostegno pieno a Mosca e in parallelo lancia la sua offensiva contro Taiwan. Prima i missili sugli aeroporti militari e sui porti strategici, poi centomila droni in volo, infine uno sbarco anfibio che piega le ultime difese. Taipei viene messa in ginocchio in poche ore.

Washington minaccia Pechino di gravi conseguenze, ma la risposta resta sul piano economico: sanzioni, embargo, stop agli scambi commerciali. Nessun intervento diretto. La scelta americana pesa come un macigno sugli alleati: i Paesi baltici restano tagliati fuori, Taiwan è abbandonata al suo destino.

Il collasso dell’Occidente in cinque giorni

Il quinto giorno lo scenario si chiude. La Russia consolida il controllo sul corridoio di Suwalki, la Cina ha in mano Taiwan, e l’Europa orientale è nel panico. La Nato, pur formalmente esistente, è “di fatto disintegrata”, incapace di proteggere i propri membri.

Shirreff sottolinea come, in un simile contesto, non servano mesi di guerra per cambiare la storia: bastano pochi giorni di caos e indecisione. Il nuovo ordine mondiale vedrebbe Mosca più forte a Est, Pechino dominatrice in Asia, e l’Occidente relegato a un ruolo marginale.

Un incubo che parla all’oggi

Il racconto del generale britannico non è fantascienza, ma un monito. L’Europa resta divisa e vulnerabile, senza una vera difesa comune. I piani per una forza armata europea autonoma restano incompiuti, bloccati da contrasti politici e da governi che preferiscono demandare la sicurezza alla Nato e quindi, in ultima analisi, agli Stati Uniti. Ma il legame transatlantico non è più solido come un tempo: Washington guarda sempre più ai propri interessi interni e al Pacifico, mentre i cittadini americani non vogliono più pagare il costo delle guerre altrui.

In questo vuoto strategico si inseriscono le ambizioni russe e cinesi. Mosca sa che la coesione europea è fragile, che le democrazie sono attraversate da partiti che contestano il sostegno a Kiev, che il consenso popolare alla guerra è limitato. Pechino osserva che la difesa occidentale dipende dall’America e che una crisi simultanea su due fronti, Baltico e Taiwan, potrebbe spezzare la catena di comando dell’Alleanza.

È qui che lo scenario di Shirreff diventa un avvertimento concreto. Non importa se la data ipotizzata è solo un esempio: ciò che conta è la logica del meccanismo. Un’Europa senza difesa autonoma, un’America esitante, avversari pronti a colpire con guerra ibrida e superiorità numerica. In cinque giorni, ammonisce il generale, tutto questo può diventare realtà.

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