
Ha quattordici anni e un fisico possente per la sua età. Luca era un amico di Paolo, compagni di classe alle elementari: lui era quello grosso, “Paoletto” il mingherlino. Ora piange la morte di un amico che aveva perso di vista, ma non dimenticato. “Poche ore prima di sapere cos’era successo — racconta alla fine della fiaccolata Luca — per caso avevo ascoltato un messaggio vocale di tanti anni fa. Poche ore dopo ho saputo che era morto. Io ero l’unico che lo difendeva dai bulli che lo perseguitavano, già alle elementari”.
La sua voce si spezza davanti al corteo di luci che avanza lento per le strade di Santi Cosma e Damiano. Centinaia di persone, in silenzio, con una candela accesa in mano. I volti illuminati dalla fiamma sembrano dire più delle parole: un paese intero che si stringe attorno alla famiglia Mendico, ma che nello stesso tempo non riesce a scrollarsi di dosso il peso di una colpa condivisa.
Il corteo e il paese ferito
La fiaccolata è partita dalla caserma dei Carabinieri e ha percorso le vie del centro fino al santuario. Un cammino lento, scandito da poche frasi, dai singhiozzi, dagli abbracci. In testa c’erano i genitori di Paolo, dietro una folla di amici, compagni di scuola, docenti. Anche la preside del suo istituto era presente, segno che il dolore non ha confini e che la comunità scolastica cerca un modo per rispondere a chi chiede perché.
Ad accogliere il corteo, in piazza Rossi, c’era il vescovo di Gaeta, monsignor Luigi Vari. Ha parlato di “parole che possono diventare pugni” e della responsabilità che ricade su chiunque, ragazzi e adulti, quando si lascia crescere il veleno del bullismo. Non c’erano applausi, non c’erano slogan: solo un silenzio carico di rabbia e di vergogna.
Rabbia, ricordi e accuse
I genitori di Paolo hanno denunciato di essere stati lasciati soli, nonostante le continue segnalazioni di ciò che accadeva già alle elementari. Il padre ha raccontato di aver parlato più volte con altri genitori, di aver chiesto aiuto, ma di aver trovato porte chiuse. Ora, dopo la tragedia, si aprono indagini e arrivano ispettori, ma restano gli anni in cui quel ragazzo ha sopportato da solo.
Tra i presenti molti ricordavano le offese, i soprannomi crudeli, le esclusioni. Ma pochi, pochissimi, erano stati capaci di esporsi come Luca. Per questo il suo pianto, in mezzo al corteo, è sembrato il più autentico atto di verità. “Lo prendevano di mira sempre, e io cercavo di difenderlo. Ma non bastava”, ripeteva mentre le fiaccole illuminavano il buio.