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Meloni a Domenica In, Fratelli d’Italia difende la premier: “Attacchi squallidi”. Ma gli archivi dicono altro

Pubblicato: 21/09/2025 20:38

Oggi Fratelli d’Italia definisce “polemiche squallide” gli attacchi delle opposizioni contro Giorgia Meloni per il collegamento a Domenica In, dove ha aperto la stagione elogiando le “pastarelle”. Questa posizione è in netto contrasto con le azioni passate della stessa Meloni, che in passato non ha esitato a criticare duramente la Rai e il programma domenicale di Mara Venier.

Il “benvenuti in Corea del Nord” di Meloni

Nel settembre del 2020, la leader di Fratelli d’Italia espresse con forza la sua contrarietà all’annunciata partecipazione dell’allora premier Giuseppe Conte a Domenica In. L’intervento di Conte era previsto a una settimana dal referendum sul taglio dei parlamentari e in un orario di grande audience. Meloni definì questo episodio un “utilizzo scandaloso del servizio pubblico” e minacciò di presentare un esposto all’AgCom e un’interrogazione parlamentare in Commissione di Vigilanza Rai. Il suo slogan, “Benvenuti in Corea del Nord”, divenne un simbolo di questa protesta, accusando la Rai di favorire il governo in carica.

La replica nel 2021

L’anno successivo, nel maggio 2021, Meloni usò nuovamente l’espressione “Benvenuti in Corea del Nord”, ma con una motivazione diversa. Questa volta l’accusa era che la conduttrice Mara Venier non stesse dando abbastanza spazio all’opposizione per parlare dell’emergenza Covid, mentre gli esponenti di governo erano ospiti frequenti del programma. Un tweet di Meloni denunciava il “tentativo di silenziare l’opposizione”, sostenendo che mentre i ministri si alternavano senza contraddittorio, quando si trattava di invitare l’opposizione, la Rai rispondeva che non invitava politici.

La difesa di Unirai

A sostegno dell’attuale premier interviene il sindacato di destra “Unirai, liberi giornalisti Rai”, il quale sottolinea l’ipocrisia delle opposizioni. Il sindacato ricorda che la partecipazione di Giorgia Meloni, seppur breve, non è affatto un evento inedito. Viene citato il caso di Paolo Gentiloni, che nel marzo 2017 fu ospite per ben 45 minuti come presidente del Consiglio. Anche Giuseppe Conte intervenne in diretta per circa 10 minuti nel febbraio 2020. Inoltre, ministri come Alfonso Bonafede, Vincenzo Spadafora e Roberto Speranza hanno partecipato più volte tra il 2019 e il 2021. Secondo Unirai, le attuali polemiche nascondono una “indignazione a corrente alternata”, suggerendo che una maggiore memoria storica aiuterebbe a stemperare gli animi.

Un ciclo di polemiche e contrattacchi

La vicenda delle “pastarelle” rientra in un ciclo ricorrente nel panorama politico italiano, dove il tema dell’uso del servizio pubblico radiotelevisivo è spesso oggetto di scontro tra maggioranza e opposizione. Le accuse di partigianeria e le conseguenti difese sono un elemento quasi costante, che si ripresenta a ogni cambio di governo. Il caso di Meloni è particolarmente emblematico, poiché la sua posizione attuale è l’esatto opposto di quella che aveva in passato, dimostrando come la percezione del “servizio pubblico” possa cambiare radicalmente a seconda che ci si trovi al governo o all’opposizione. Le critiche di ieri diventano le “polemiche squallide” di oggi, e le accuse di censura si trasformano in denunce di ipocrisia. Questo continuo gioco delle parti contribuisce a mantenere alta la tensione politica, evidenziando le difficoltà nel trovare un equilibrio nella gestione di una risorsa così influente e divisiva come la televisione pubblica.

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