
A distanza di quasi due decenni, la vicenda del delitto di Garlasco torna al centro delle cronache giudiziarie italiane. Quella che sembrava una pagina chiusa con la condanna definitiva a 16 anni di Alberto Stasi per l’omicidio di Chiara Poggi, oggi si arricchisce di nuovi e inquietanti elementi. Le domande degli inquirenti non si fermano alla ricostruzione già consolidata: si cerca di capire se Stasi fosse davvero presente nella casa della fidanzata nel momento in cui venne uccisa.
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Un interrogativo che apre scenari imprevisti e che rimette in discussione certezze apparentemente granitiche. Il peso della verità processuale rischia di confrontarsi con tracce, consulenze e dettagli che raccontano un quadro diverso rispetto a quello definito nel 2009 e successivamente confermato dai gradi successivi di giudizio.
Le nuove indagini e l’iscrizione di Andrea Sempio
Il nuovo filone investigativo vede iscritto nel registro degli indagati Andrea Sempio, amico del fratello della vittima. La sua posizione è oggi al vaglio degli investigatori, i quali hanno acquisito una nuova consulenza che ridisegna completamente la scena del crimine. Non si tratterebbe soltanto di riletture tecniche, ma di elementi che non erano mai stati valutati in profondità negli anni immediatamente successivi al delitto.

La scena del crimine e le anomalie
Secondo quanto riportato, sarebbero emerse alcune incongruenze di rilievo. Una riguarda una ferita rotonda sul lato sinistro del capo di Chiara Poggi, che sarebbe stata inferta con un’arma diversa rispetto a quella considerata compatibile con il delitto. Ci sarebbero poi un’impronta di mano, oltre a macchie di sangue sul telefono, indizio che lascerebbe pensare a un tentativo della vittima di chiedere aiuto prima di soccombere all’aggressione.
Questi dettagli si intrecciano con un altro elemento discusso fin dall’inizio: la ricostruzione temporale. La sentenza che condannò Stasi stabiliva che l’omicidio fosse avvenuto in un arco di 23 minuti, ma i consulenti dell’imputato hanno sempre sostenuto che i tempi non coincidessero con i rilievi scientifici.
Il nodo dei tempi e la ricostruzione alternativa
Secondo i giudici, quei 23 minuti sarebbero bastati a Stasi per commettere il delitto e alterare la scena. Tuttavia, se a quell’arco temporale si sottraggono i 7 minuti necessari allo spostamento del corpo – trascinato dalla stanza della prima aggressione fino alle scale della cantina, teatro dell’attacco mortale – la dinamica non reggerebbe.
Un punto cruciale riguarda la gora di sangue formatasi al primo gradino. Nella sentenza si parla di tre minuti per il suo consolidamento, mentre i consulenti tecnici della difesa hanno sempre sostenuto che ne sarebbero serviti almeno 15. Questa differenza temporale, secondo alcuni commentatori, potrebbe essere sufficiente a escludere la presenza di Stasi sul luogo del delitto al momento dell’aggressione.

Il peso delle nuove consulenze
A rendere ancora più complessa la vicenda è la natura stessa delle nuove indagini. La consulenza depositata infatti non si limita a piccoli dettagli, ma sembra rimettere in discussione l’intera ricostruzione giudiziaria. Durante la trasmissione Ore 14 su Rai2, un esperto ha commentato: “È così che togli Stasi dalla scena del crimine”, sottolineando come gli sviluppi possano cambiare radicalmente la prospettiva.
Un caso che segna ancora l’opinione pubblica
Il delitto di Garlasco è stato uno dei casi più seguiti e controversi della storia giudiziaria italiana recente. Le immagini della casa di via Pascoli, i lunghi processi, i contrasti tra accusa e difesa hanno costruito una narrazione che ha diviso opinione pubblica e media. La condanna di Alberto Stasi sembrava aver posto fine al mistero, ma oggi le nuove piste investigative dimostrano che la verità potrebbe essere ancora lontana dall’essere accertata in modo definitivo.