Vai al contenuto

Nel funerale americano va in onda il Medioevo prossimo venturo

Pubblicato: 22/09/2025 07:58

Il funerale di Charlie Kirk non è stato soltanto una cerimonia di commiato, ma un vero e proprio evento epocale. L’arena gremita, i toni solenni, la costruzione scenica della giornata hanno reso evidente come il lutto personale si sia trasformato in rito collettivo, dove la morte di un leader diventa fondamento di fede. Non più un uomo che se ne va, ma una figura che viene innalzata a simbolo e, in parte, a icona religiosa.

Ciò che è andato in onda non era il ricordo privato di un militante, ma la proiezione di un mito politico-spirituale. Le immagini e le parole non raccontavano tanto la vita di Kirk, quanto la sua morte come passaggio a un’altra dimensione, come se si trattasse di un sacrificio necessario.

Il ciondolo insanguinato e la reliquia del martire

A incarnare questa trasformazione è stata Erika, la moglie, che ha mostrato al mondo il ciondolo insanguinato del marito, strappato dal corpo durante i tentativi di rianimazione. Un piccolo oggetto che, macchiato di sangue, ha assunto la forza di una reliquia medievale. Non più semplice ricordo privato, ma segno sacro, testimonianza di un sacrificio. Nel gesto con cui lo ha portato al collo, Erika ha cancellato la linea di confine tra intimo e pubblico, tra il dolore della vedova e la costruzione del mito.

Il sangue che macchia il ciondolo richiama inevitabilmente l’immaginario cristiano: il sangue come alleanza, come segno che redime, come elemento che trasforma un corpo in sacrificio. Nel Medioevo le reliquie erano il cuore della fede, strumenti che garantivano la presenza del santo e la continuità con il divino. In quel piccolo medaglione di San Michele, protettore guerriero, si è inscritta la stessa dinamica: il sangue come garanzia di autenticità, il simbolo religioso che diventa strumento politico.

Dal martire al Cristo politico

Il modo in cui la morte di Kirk è stata raccontata spinge inevitabilmente verso la categoria del martirio. Non un leader caduto, ma un uomo che muore in nome di un destino più grande, consegnando alla comunità un segno di appartenenza. Il volto descritto come trasfigurato, il sorriso enigmatico evocato dalla moglie, la narrazione di un passaggio verso l’eternità: tutti elementi che lo collocano in una dimensione cristologica.

A rendere esplicito ciò che aleggiava in tutta la cerimonia è stato Robert F. Kennedy Jr., che dal pulpito ha tracciato un parallelo diretto tra Kirk e Gesù Cristo, indicandolo come esempio di sacrificio totale per la propria comunità. È stata la consacrazione finale: non più solo martire, ma icona cristologica, capace di incarnare l’idea stessa di redenzione politica.

È in questo senso che il funerale ha assunto una dimensione teologica: non più semplice commemorazione, ma rivelazione. Ogni parola pronunciata dai predicatori, ogni immagine trasmessa, ogni gesto rituale ha trasformato la politica in fede, la fede in identità, l’identità in arma. Un processo che riecheggia le riflessioni di Carl Schmitt, secondo cui tutti i concetti fondamentali della politica moderna sono concetti teologici secolarizzati. Qui il percorso sembra invertito: la politica non secolarizza, ma si rifonde nella religione, si trasforma in liturgia.

Crociata e apocalisse in diretta

Il risultato è stato un rito che ha avuto la forma di una crociata trasmessa in mondovisione. Non dibattito, non analisi, ma invocazioni e parole d’ordine. Non programmi politici, ma parabole di bene e male, di fedeli e traditori, di luce e oscurità. È il ritorno di un linguaggio apocalittico che riduce il mondo a due poli inconciliabili.

Qui si coglie l’aspetto filosofico più inquietante: se la politica moderna era il regno del compromesso, della mediazione, della ragione pubblica, il funerale di Kirk mette in scena la sua dissoluzione. Al suo posto emerge una nuova forma di religione civile, che non si accontenta di valori comuni ma esige adesione totale, fede assoluta, obbedienza messianica. Una religione che usa gli strumenti della televisione e dei social come pulpiti globali, trasformando il rito funebre in palinsesto.

Il sangue di un ciondolo, il volto trasfigurato, le invocazioni in diretta e il paragone con Gesù: tutto questo segna la nascita di una nuova religione politica. Non è più la modernità che conoscevamo. È già iniziato il Medioevo televisivo.

Continua a leggere su TheSocialPost.it

Hai scelto di non accettare i cookie

Tuttavia, la pubblicità mirata è un modo per sostenere il lavoro della nostra redazione, che si impegna a fornirvi ogni giorno informazioni di qualità. Accettando i cookie, sarai in grado di accedere ai contenuti e alle funzioni gratuite offerte dal nostro sito.

oppure