
Sconforto, delusione, rabbia. A casa Grillo la sentenza che condanna Ciro Grillo a otto anni per stupro ha lasciato cicatrici profonde. Da giorni l’attesa per il verdetto era diventata insostenibile, alimentando paure e inquietudini.
«Beppe e Parvin (i genitori di Ciro, ndr) erano molto preoccupati per una condanna pesante. Un’eventualità che speravano di scongiurare», racconta una fonte vicina alla famiglia. «Loro hanno sempre creduto e continuano a credere nell’innocenza di Ciro».

Dal video-sfogo al silenzio
La difesa del fondatore del Movimento 5 Stelle nei confronti del figlio è stata fin dall’inizio totale. Un sostegno che qualche anno fa si tradusse in un video furibondo: «Se dovete arrestare mio figlio che non ha fatto niente, allora arrestate me: ci vado io in galera». Quelle parole, pronunciate davanti alle telecamere, sollevarono polemiche e discussioni. Da allora, però, Grillo aveva scelto una linea di riserbo. Nessun proclama, pochi accenni. Ma una convinzione rimasta intatta: Ciro non era colpevole. Una certezza che, anche dopo la sentenza di primo grado, rimane «inamovibile».
Famiglia unita intorno a Ciro
Quando i giudici hanno pronunciato il verdetto, a Genova c’erano tutti: Beppe, la moglie Parvin, gli altri figli. La famiglia si è stretta intorno a Ciro, che tra pochi mesi diventerà padre. «Questa vicenda, per quanto dolorosa, ha cementato ancora di più i legami tra loro», racconta chi li conosce da tempo. La speranza di un’assoluzione è rimasta viva fino all’ultimo minuto. Poi la doccia gelata: otto anni di reclusione. La reazione? Nessuna dichiarazione pubblica, nessun post, nessun video. Solo silenzio e dolore.
Il ricorso in appello
Il legale di famiglia, Enrico Grillo, nipote del comico genovese, ha già annunciato il ricorso in appello. Un passaggio scontato per chi ha seguito la linea difensiva fin dall’inizio. «Beppe non si arrenderà al primo ostacolo», assicura un amico. «Questa decisione gli darà ancora più determinazione a combattere».
Tutto in stand-by
In queste ore tutto è stato messo in pausa. Sospese le riflessioni sulla causa legale per l’utilizzo del simbolo del Movimento, congelati i lavori sul docu-film a cui Grillo sta dedicando energie da mesi. Ogni impegno è passato in secondo piano davanti al peso della condanna. Il futuro resta incerto. La famiglia Grillo, però, sembra determinata a non arrendersi. «Con Beppe bisogna abituarsi alle sorprese», commenta chi lo conosce bene. Ma una cosa è chiara: la condanna a otto anni rischia di lasciare un segno indelebile, difficile da superare anche per chi, come lui, ha fatto della battaglia continua una regola di vita.