
La guerra con i droni ha trasformato il volto dei conflitti del XXI secolo: non più solo strumenti di ricognizione o attacchi mirati, ma piattaforme capaci di influenzare battaglie convenzionali, operazioni psicologiche e tattiche di logoramento. Di fronte alla diffusione dei droni FPV, delle munizioni vaganti e degli sciami di droni, gli Stati e le forze armate stanno sviluppando contromisure tecnologiche e operative — tra cui sistemi a energia diretta (laser) — per ridurre il rischio sul campo e a difesa del territorio.
Crescono i timori per la guerra con i droni
Già dagli anni 2000 i droni hanno assunto un ruolo rilevante nelle operazioni non convenzionali: gli Stati Uniti hanno impiegato velivoli senza pilota per attacchi mirati contro leader terroristici. Tuttavia, è nelle moderne guerre convenzionali che la minaccia dei droni è emersa in modo più evidente. Nei conflitti recenti — in particolare nel Caucaso meridionale e nell’Europa orientale — i droni hanno dimostrato di poter alterare equilibri tattici e strategici, sia distruggendo asset materiali sia operando come strumento di pressione psicologica.
Esempi concreti: Karabakh e Ucraina
Durante la seconda guerra del Nagorno-Karabakh l’uso dei Bayraktar TB2 (droni prodotti dall’azienda turca Baykar) e dei droni di ricognizione israeliani contribuì a superare linee difensive ritenute solide, consentendo all’Azerbaigian di penetrare posizioni armene. I video degli attacchi furono inoltre sfruttati come arma psicologica.
Nell’invasione russa dell’Ucraina i droni e le munizioni vaganti hanno avuto un ruolo centrale: FPV e munizioni di vario tipo sono stati impiegati contro mezzi corazzati, artiglieria, postazioni di comando e infrastrutture. Entrambe le parti utilizzano la pubblicazione di filmati come strumento di propaganda e per motivare le truppe. Contemporaneamente, l’uso di droni a fibra ottica e di tecnologie per ridurre la vulnerabilità alle contromisure elettroniche ha dimostrato la continua innovazione tattica.
Contromisure: perché i laser sono attrattivi
Tra le risposte più studiate agli sciami e alle munizioni vaganti emergono i sistemi laser. I vantaggi principali citati dagli sviluppatori sono la bassa spesa per ingaggio, la rapidità d’intervento e la possibilità di operare in modalità sostenibile su scenari di usura prolungata. Le armi laser possono neutralizzare sensori, far detonare serbatoi o compromettere la struttura aerodinamica dei droni, riducendo la loro efficacia.
Negli Stati Uniti, piattaforme basate sulla tecnologia HEL (High Energy Laser) sono state integrate in programmi di difesa a corto raggio e testate estensivamente per impieghi terrestri e navali. Le soluzioni laser vengono presentate come un’alternativa economica agli intercettori convenzionali, pur riconoscendo limiti nelle condizioni meteo avverse.
Sviluppi internazionali: chi sta investendo nei laser anti-drone
Il fenomeno è globale: diversi paesi stanno sviluppando o già dispiegando sistemi laser anti-drone.
- Regno Unito: il progetto DragonFire (coproduzione di MBDA e dell’italiana Leonardo) ha ottenuto risultati promettenti nei test e la tempistica di implementazione è stata anticipata rispetto alle previsioni iniziali.
- Cina: il sistema Red Wing Vanguard è stato descritto come capace di intercettare droni a distanze dell’ordine del chilometro; è pensato anche per l’impiego navale.
- Taiwan: lavora su laser ad alta potenza (ordine delle decine di kW) per contrastare minacce asimmetriche provenienti dal vicino continente.
- Israele: l’Iron Beam (HELWS) è nelle fasi avanzate di schieramento come soluzione economica per l’intercettazione di droni e razzi a corto raggio.
- Corea del Sud: ha ufficialmente dispiegato il sistema Block-1 nelle aree chiave per contrastare potenziali sciami provenienti dalla Corea del Nord.
Limiti e implicazioni strategiche
I sistemi laser non sono una panacea. Tra le principali limitazioni vanno considerate le condizioni meteorologiche che degradano le prestazioni, la necessità di energia e raffreddamento a bordo delle piattaforme, e la complessità di integrazione con sensori e sistemi di comando e controllo. Inoltre, la diffusione di contromisure (droni resistenti, cavi in fibra ottica, comportamenti di sciame adattivi) rende la corsa tecnologica continua e dinamica.
Dal punto di vista strategico, la diffusione di armi anti-drone basate su laser modifica il rapporto costo-efficacia tra offesa e difesa: un sistema laser efficace può ridurre il costo per ingaggio e aumentare la sostenibilità della difesa in scenari di logoramento, ma richiede investimenti infrastrutturali e aggiornamenti tattici continui.
La dimensione iper-tecnologica dei conflitti odierni e futuri
La guerra con i droni rappresenta una nuova dimensione dei conflitti moderni, che si estende dal teatro delle operazioni convenzionali alle azioni asimmetriche e terroristiche. Gli sistemi laser emergono come una contromisura valida per contrastare gli sciami e le munizioni vaganti, offrendo vantaggi economici e operativi, ma presentano limiti tecnici e strategici che impongono un approccio integrato: difesa elettronica, difesa cinetica e soluzioni a energia diretta devono essere coordinate per affrontare una minaccia in rapida evoluzione.