
La vicenda che coinvolge Guido Crosetto e Palazzo Chigi sulla cybersicurezza ha portato a uno degli scontri più significativi dell’attuale governo. Dietro un disegno di legge apparentemente tecnico, volto a creare una “forza armata cyber” sotto l’egida della Difesa, si è aperto un duro confronto politico.
Giorgia Meloni e il Quirinale hanno stoppato l’iniziativa, sottolineando i rischi di uno squilibrio istituzionale e riaffermando la centralità della Presidenza del Consiglio sul tema.
La proposta che ha acceso lo scontro
Il Ddl, firmato dal presidente della Commissione Difesa alla Camera Antonino Minardo, mirava a sottrarre all’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, guidata dal prefetto Bruno Frattasi e legata a Palazzo Chigi, la gestione delle competenze cyber per trasferirle al ministero della Difesa.
Una mossa che a Roma è stata vista con sospetto. Nel Palazzo l’iniziativa è stata attribuita alla volontà di Crosetto. “Quel testo è ispirato dal ministero della Difesa, che da tempo guarda con interesse al tema cyber”, ha sussurrato una fonte di maggioranza nei corridoi del Transatlantico.
Secondo fonti interne, Meloni non è stata informata in anticipo. “Nessuno ne ha parlato prima con Giorgia”, hanno spiegato persone vicine alla premier, infastidite dal metodo. L’iniziativa ha provocato gelo nei rapporti di Crosetto con Alfredo Mantovano, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega ai Servizi, e ha reso visibile una tensione sotterranea che circolava da tempo.

Il ruolo del Quirinale e le reazioni politiche
A complicare il quadro è arrivato il Quirinale, che avrebbe espresso perplessità tramite canali informali. Figure vicine al presidente Sergio Mattarella hanno fatto capire che “un accentramento così spinto delle competenze cyber in ambito militare rischierebbe di creare uno squilibrio tra poteri civili e apparati della Difesa”. Un messaggio che ha avuto un peso decisivo nel rallentare l’iter e spingere la premier a intervenire direttamente.
Anche gli alleati hanno preso le distanze. Forza Italia, storicamente attenta all’equilibrio tra poteri dello Stato, ha fatto sapere: “Non è un tema centrale nel nostro programma”. Un esponente di peso del partito azzurro, in forma anonima, ha lasciato intendere che qualora il ddl arrivasse in Aula, il gruppo potrebbe sfilarsi.
Il messaggio di Meloni e il futuro del dossier
Meloni, secondo fonti vicine, “ha piena fiducia in Mantovano” e ha lasciato che le tensioni emergessero prima di intervenire per bloccare l’iniziativa. Il messaggio inviato al ministro Crosetto è stato chiaro: “Questa riforma non si fa. Almeno, non ora”. Dietro la decisione c’è anche la volontà di evitare frizioni nella maggioranza in vista delle regionali d’autunno e di altre scadenze politiche.
La cybersicurezza resta dunque nelle mani di Palazzo Chigi, mentre Mantovano consolida il suo perimetro e Crosetto incassa con diplomazia lo stop. La tensione però rimane e diversi osservatori ritengono che questo braccio di ferro non sia affatto concluso, e che potrebbe avere serie conseguenze sulla squadra di governo.