
La Corte dei conti ha bloccato la delibera del Cipess sul ponte sullo Stretto, chiedendo al governo Meloni di ritirarla in autotutela e di fornire entro 20 giorni risposte a una lunga serie di rilievi che mettono in discussione l’intero iter accelerato avviato con il decreto del 2023.
I magistrati contabili sottolineano che mancano elementi fondamentali, a partire dal parere del Consiglio Superiore dei lavori pubblici e dalle risposte ai rilievi del ministero dell’Ambiente sulla Via-Vas, richieste anche dall’Unione europea. Dubbi pesanti riguardano poi la quantificazione dei costi: dai criteri usati per stimare le spese di progettazione, sicurezza e prescrizioni del Comitato scientifico, fino alle discrepanze tra le cifre asseverate da Kpmg (10,48 miliardi di euro) e quelle approvate dal Cipess ad agosto (10,50 miliardi).
Altri nodi riguardano lo studio sui flussi di traffico redatto da Tplan consulting e i criteri con cui la società è stata selezionata, così come le valutazioni sugli oneri contrattuali. Infine, la Corte chiede chiarimenti anche sul rispetto delle norme Ue sugli appalti, con riferimento alla direttiva 2014/24/UE, già oggetto di interlocuzioni con la Commissione europea.
In attesa delle risposte, l’iter dell’opera si ferma: senza la pubblicazione della delibera in Gazzetta ufficiale, non possono partire neppure i cantieri preparatori, pena il rischio di danno erariale. Eppure lo Stato, tramite la società Stretto di Messina, ha già firmato un contratto con i privati che prevede penali a carico della parte pubblica in caso di mancata realizzazione.
“Quello che preoccupa di più – osserva il deputato dem Anthony Barbagallo – sono i rilievi sulla parte contrattuale, che non ha previsto una nuova gara, con il rischio concreto di violare le regole europee sugli appalti”.