
La breccia di Porta Pia
Settembre 1870: dopo nove anni di attese, illusioni e diplomazie, l’Italia di Vittorio Emanuele II si presentò finalmente davanti a Roma. Cinquantamila uomini agli ordini del generale Raffaele Cadorna, ben equipaggiati e ben decisi, contro poche migliaia di soldati pontifici, male armati e senza più un protettore. Perché il protettore, Napoleone III, in quei giorni se la vedeva brutta a Sedan, dove i prussiani di von Moltke avevano messo in ginocchio l’esercito francese e preso prigioniero l’Imperatore. Caduto Napoleone, caduta la Francia imperiale, il Papa Pio IX si ritrovò solo. E in quella solitudine maturò il destino di Roma: diventare capitale d’Italia.
La scena internazionale
Il pretesto – o meglio, la miccia – era stato acceso in Spagna, dove il trono vacante era stato offerto a un principe tedesco. La Francia gridò al complotto, Parigi si infiammò di patriottismo e Napoleone, per non perdere la faccia, dichiarò guerra alla Prussia. Fu un disastro. In meno di due mesi l’Imperatore era sconfitto e prigioniero e a Parigi si proclamava la Repubblica. Per Torino, che da anni aspettava l’occasione, era il segnale. Il governo italiano informò le cancellerie europee che sarebbe entrato a Roma, garantendo al Papa rispetto e sicurezza. Il resto, com’è noto, lo fecero i cannoni.

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Il 20 settembre
All’alba, l’artiglieria sabauda aprì il fuoco contro le mura tra Porta Pia e Porta Salaria. Alle nove e mezza, una breccia di trenta metri consentì ai bersaglieri di correre dentro la Città Eterna. La resistenza pontificia fu breve, più simbolica che reale. Qualche colpo di fucile, qualche barricata di sacchi di sabbia e materassi già mezzo bruciati. Poi il silenzio. Tra le colonne, le statue mutilate e i muri anneriti dal fumo, i soldati italiani avanzarono verso il Quirinale e Piazza Colonna. Dai palazzi si sventolavano fazzoletti bianchi e bandiere tricolori: tutti, o quasi, facevano a gara per sembrare entusiasti. La fanfara suonava, i bersaglieri correvano, e la breccia di Porta Pia diventava subito mito.
Roma italiana, il Papa prigioniero
Il Papa, però, non applaudì. Giovanni Maria Ferretti, eletto Pio IX nel 1846 tra gli entusiasmi dei liberali che lo sognavano riformatore, era ormai il più irriducibile nemico del Risorgimento. Definì l’occupazione “ingiusta, violenta, nulla e invalida”, scomunicò i responsabili, meditò perfino di abbandonare Roma. Poi scelse la linea che avrebbe segnato la politica della Chiesa per sessant’anni: chiudersi in Vaticano, rifiutando di riconoscere l’Italia e i Savoia. Roma era finalmente italiana, ma l’Italia aveva acceso una nuova miccia: quella della Questione Romana.
Stefano Poma