
Era una notte come tante, di quelle che sembrano scivolare via senza lasciare traccia. Le luci dei locali illuminavano le strade ancora animate da voci e passi incerti, il brusio della vita notturna che si mescola al vento leggero di fine estate. L’illusione di normalità cullava chiunque passasse di lì, ignaro che dietro quell’apparente calma stava maturando una tragedia destinata a scuotere un’intera comunità.
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L’attesa e il vuoto dell’assenza
Quando una persona sparisce, il tempo sembra rallentare. Le ore diventano macigni, i giorni un labirinto di domande senza risposte. Si spera, si teme, si attende. Eppure ci sono sparizioni che non lasciano spazio alla speranza, perché i segni, seppur nascosti, parlano già di un epilogo crudele. L’assenza si trasforma allora in una ferita collettiva, e il silenzio che ne segue diventa assordante.
Il ritrovamento del corpo
In Gallura, tra rami secchi e sterpaglie, il silenzio è stato infranto dalla scoperta del corpo senza vita di Cinzia Pinna, 33 anni, originaria di Castelsardo. Era scomparsa l’11 settembre scorso dopo essere stata vista l’ultima volta alle 2 di notte davanti a un locale di Palau. I colpi di pistola sul suo corpo hanno raccontato la violenza di un femminicidio che ha scosso la Sardegna e l’Italia intera.

La confessione dell’imprenditore
Dopo due settimane di indagini, i carabinieri hanno fermato Emanuele Ragnedda, 41 anni, imprenditore vitivinicolo di Arzachena. Figlio di una famiglia nota per la produzione di Vermentino, ha confessato di aver ucciso Cinzia dopo un lungo interrogatorio. «Mi aveva aggredito», ha tentato di giustificarsi, ma la procura di Tempio Pausania non ha creduto al suo racconto, aprendo un fascicolo per omicidio volontario.
Un presunto complice coinvolto
Ragnedda ha citato anche un amico, un giardiniere di 26 anni, accusato di occultamento di cadavere. «L’ho chiamato e mi ha aiutato», ha dichiarato l’imprenditore. Ma il giovane ha negato ogni accusa: «Non c’entro nulla, non ero con loro». Gli inquirenti stanno passando al vaglio i tabulati telefonici per accertare la verità.
Gli accertamenti nella tenuta
Il corpo di Cinzia è stato ritrovato nella tenuta di Concaentosa, proprietà della famiglia Ragnedda. All’interno del casolare in pietra i Ris hanno scoperto tracce di sangue su un divano e su una parete, mentre il cellulare della vittima risulta ancora introvabile. Le analisi proseguono per ricostruire con precisione le ultime ore di vita della giovane.

Le ultime ore di Cinzia
Quella sera, davanti al locale “Bianco e Rosso”, alcuni avevano notato la giovane barcollare, lo zaino che scivolava dalle spalle, senza che nessuno le offrisse aiuto. L’indomani non si era presentata al lavoro nell’hotel dove era stata appena assunta. La sorella Carlotta Pinna, il 16 settembre, aveva denunciato la scomparsa e lanciato un appello sui social, spingendo i carabinieri a intensificare le ricerche.
Il tentativo di fuga
Messo alle strette, Ragnedda aveva tentato di fuggire via mare con un gommone, approdando a Baja Sardinia per poi rifugiarsi nella casa di famiglia. È stato il padre a segnalare ai carabinieri che il figlio era armato. I militari lo hanno bloccato con i giubbotti antiproiettile, e l’uomo, ormai senza scampo, ha condotto gli inquirenti nel luogo dove aveva abbandonato il corpo di Cinzia.
La comunità sotto shock
La notizia del femminicidio ha scosso la Gallura, ancora avvolta dai ritmi estivi. La famiglia di Cinzia, conosciuta in zona per l’attività del padre ristoratore, ha ricevuto l’abbraccio di un’intera comunità. Resta ancora da chiarire il movente che ha spinto l’imprenditore a compiere un gesto così estremo, mentre sullo sfondo resta la domanda più dolorosa: perché Cinzia Pinna è stata uccisa?