
L’intervento di Giorgia Meloni di fronte all’Assemblea delle Nazioni Unite ha segnato un momento di notevole chiarezza e fermezza nella posizione del governo italiano su questioni cruciali di politica estera, in particolare riguardo al conflitto israelo-palestinese e alla guerra in Ucraina, senza tralasciare la necessità urgente di una riforma dell’ONU.
Le sue parole, pronunciate nella notte italiana, sono state definite come le più dure e esplicite finora espresse contro Israele, pur mantenendo saldi i valori democratici e l’appello al diritto internazionale. La Premier ha usato toni inequivocabili, puntando il dito contro la “ferocia e la brutalità” dell’esercito di Tel Aviv e sollevando questioni fondamentali sul rispetto del diritto umanitario in tempo di guerra.
La critica all’azione israeliana e l’appello alla proporzionalità
Il fulcro più polemico del discorso di Meloni è stato indubbiamente quello relativo alla reazione di Israele all’aggressione subita. La Premier ha insistito con forza sul “principio di proporzionalità”, un cardine del diritto internazionale che, a suo avviso, “vale per gli individui, e vale a maggior ragione per gli Stati”. In un crescendo accusatorio non certo lieve, Meloni ha dichiarato che “Israele ha superato quel limite” con una guerra “su larga scala” che sta coinvolgendo “oltre misura la popolazione civile palestinese”. Questa netta presa di posizione non è rimasta su un piano puramente etico; ha avuto una ricaduta diretta sulla valutazione della condotta bellica israeliana, con la Presidente del Consiglio che ha accusato apertamente lo Stato ebraico di aver finito per “infrangere le norme umanitarie, causando una strage tra i civili”. Si tratta della critica più esplicita e severa mossa dal governo italiano, un fatto che inevitabilmente ridefinisce gli equilibri diplomatici con Tel Aviv.
La soluzione a due Stati e il non riconoscimento della Palestina
Nonostante la durezza delle critiche, il discorso di Meloni ha poi virato verso un appello costruttivo al governo israeliano. La Premier ha esortato Israele a superare “la trappola di questa guerra”, non solo per la sua storia e la sua democrazia, ma anche per i “valori universali del mondo libero”. L’appello si è fatto ancora più specifico e politicamente rilevante quando Meloni ha toccato il tema della soluzione a due Stati. La Presidente del Consiglio ha affermato in modo inequivocabile che Tel Aviv “non ha il diritto di impedire che domani nasca uno Stato palestinese”, né di utilizzare la costruzione di “nuovi insediamenti in Cisgiordania” come strumento per ostacolare tale prospettiva.
Per ribadire questo impegno, l’Italia ha sottoscritto la Dichiarazione di New York sulla soluzione dei due Stati. È fondamentale notare, tuttavia, che questa posizione, sebbene la più dura finora, “non comporta ancora un riconoscimento” dello Stato della Palestina, a differenza di quanto già fatto da importanti alleati europei come Francia e Gran Bretagna. La politica italiana sembra quindi muoversi in un delicato equilibrio tra la ferma condanna di azioni sproporzionate e la prudenza diplomatica sul riconoscimento formale.
L’aggressione russa all’ucraina e la “Terza Guerra Mondiale a pezzi”
Il discorso di Meloni non ha trascurato la crisi in Ucraina, ribadendo la ferma condanna dell’aggressione russa. La Premier ha accusato Mosca di aver “deliberatamente calpestato l’articolo 2 della carta dell’Onu” e di continuare a mostrarsi “non disponibile a sedere al tavolo della pace”, con conseguenze “destabilizzanti” su scala globale. Per inquadrare la gravità della situazione internazionale, Meloni ha citato Papa Francesco, richiamando la sua visione di un mondo che sta vivendo una “Terza Guerra Mondiale combattuta a pezzi”. Questa citazione sottolinea la preoccupazione diffusa per l’escalation dei conflitti e la frammentazione della sicurezza globale, un elemento che lega idealmente le crisi in Medio Oriente e in Europa.
La riforma urgente dell’Onu e il multilateralismo in crisi
Un altro passaggio significativo del discorso ha riguardato la necessità di una riforma urgente dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Meloni ha apertamente riconosciuto che il multilateralismo è in crisi come non mai e che “dialogo e diplomazia, senza istituzioni che funzionano come dovrebbero sono solo parole vuote”. L’Onu, ha ammesso, deve “riconoscere i nostri limiti”. La riforma, secondo la Premier, deve seguire principi chiari: “eguaglianza, democraticità, rappresentatività e responsabilità”. Ha respinto con forza l’idea di creare “nuove gerarchie” o di assegnare “nuovi seggi permanenti”, optando invece per meccanismi che garantiscano la rappresentanza e la tutela di tutti gli Stati membri, non solo di pochi. Questo concetto di equità e funzionalità è stato esteso anche al tema della migrazione, dove Meloni ha sollecitato un cambiamento e un aggiornamento delle Convenzioni e dei trattati esistenti, soprattutto quando alcune “magistrature politicizzate” ne offrono “interpretazioni ideologiche e a senso unico” che finiscono per calpestare il diritto.
La conclusione e il coraggio esemplare
L’intervento si è concluso con un messaggio di speranza e determinazione, un richiamo alla responsabilità e all’azione. Giorgia Meloni ha scelto una citazione evocativa di San Francesco: “I combattimenti difficili vengono riservati solo a chi ha un coraggio esemplare”. Con questa immagine, la Premier ha lanciato un monito alla comunità internazionale e a sé stessa, concludendo con l’affermazione perentoria: “Credo sia arrivato il tempo di dimostrare quel coraggio”. Un incoraggiamento finale a non sottrarsi alle sfide più complesse, dalla risoluzione dei conflitti alla riforma delle istituzioni globali.
L’intervento di Giorgia Meloni si è quindi distinto per la sua profondità di analisi e la sua franchezza, delineando una posizione italiana che si sta facendo sempre più autonoma e incisiva sui grandi tavoli internazionali. La Premier ha bilanciato la difesa dei diritti inalienabili del popolo palestinese e la condanna della sproporzionalità con l’impegno per una soluzione diplomatica e una visione di un multilateralismo rinnovato e più giusto.