
Per l’Esercito Popolare di Liberazione (EPL), le grandi parate non sono semplici esibizioni di forza ma occasioni cruciali per dimostrare al Partito i progressi nella modernizzazione delle forze armate. Obiettivi dichiarati: la capacità di combattere in modo congiunto, di prevalere su qualsiasi avversario e di rafforzare la deterrenza, soprattutto nei confronti del “nemico forte”, ovvero gli Stati Uniti.
La recente celebrazione dell’80° anniversario della vittoria nella Seconda Guerra Mondiale ha confermato questa logica. Le parate, come ricordano i testi interni dell’EPL, sono anche momenti per presentare nuovi sistemi d’arma, in particolare quelli strategici, destinati a consolidare il potere nucleare e convenzionale della Cina.
La sfilata del 3 settembre e il messaggio a Washington
La parata del 3 settembre, durata ore, ha offerto scorci su nuovi armamenti, soprattutto missili, e sui progressi in ambiti tecnologici chiave. Per gli analisti internazionali, si tratta di occasioni preziose: l’EPL resta un attore poco trasparente e i suoi sistemi, salvo rare eccezioni, non sono stati testati in conflitti reali.
Tuttavia, occorre cautela. Come ha sottolineato un analista statunitense, il materiale esibito era “esattamente ciò che volevano che il mondo e l’esercito statunitense vedessero”. In altre parole, la parata è stata anche un’operazione di influenza strategica attentamente calibrata.

Il debutto dei nuovi sistemi missilistici
Il 3 settembre hanno fatto la loro comparsa pubblica cinque nuovi sistemi missilistici dell’EPL. La domanda che si pongono gli esperti è duplice: si tratta davvero di armi rivoluzionarie o solo di “vino vecchio in bottiglia nuova”, destinate più alla propaganda che alla guerra reale?
DF-61: un nuovo ICBM o una versione aggiornata
Il protagonista della sfilata è stato il DF-61, un enorme missile balistico intercontinentale (ICBM) mobile a propellente solido. Di questo sistema si sa poco, se non la gittata dichiarata di oltre 12.000 km e la capacità di trasportare fino a dieci testate MIRV (veicoli di rientro indipendenti).
Molti analisti ritengono che non sia un progetto del tutto nuovo, ma una evoluzione del DF-41, già mostrato nel 2019. Entrambi sono stati sviluppati dalla China Academy of Launch Vehicle Technology, sotto il colosso statale China Aerospace Science and Technology Corporation, unico produttore di ICBM del Paese.
Il fatto che fosse schierato tra altre armi strategiche suggerisce una continuità con il programma nucleare, ma non manca l’ipotesi di un bluff: il DF-61 potrebbe essere un missile convenzionale a lungo raggio, pensato per ampliare la potenza tattica dell’EPL.

DF-5C: il veterano aggiornato
A chiudere la colonna missilistica è comparso il DF-5C, variante aggiornata del DF-5, il più antico ICBM cinese, in servizio da oltre quarant’anni. Il nuovo modello aggiunge gittata e capacità di carico, ma non introduce tecnologie radicalmente nuove: era già stato testato nel 2017 e il suo predecessore DF-5B era in grado di colpire qualsiasi obiettivo statunitense con testate MIRV.
Durante la parata, il DF-5C ha sfilato accanto al DF-31BJ, versione migliorata del missile a propellente solido DF-31AG, introdotto nel 2017. La scelta di collocarli insieme evidenzia un messaggio chiaro: nonostante i progressi verso missili mobili e una triade nucleare più completa (terra, mare e aria), la rete di silos intercontinentali della Cina resta un pilastro fondamentale della sua strategia di deterrenza.