
Evelina Sgarbi rompe il silenzio e spiega i motivi della sua decisione, finita al centro del dibattito pubblico. La figlia di Vittorio Sgarbi, attraverso parole nette, ha ribadito di aver agito esclusivamente per il bene del padre, smentendo ogni ipotesi di interesse personale o desiderio di esposizione mediatica.
«Ho agito nel suo interesse e certamente non cerco né ho bisogno di visibilità. E poi mi chiedo: quale rivalsa e di cosa?», ha dichiarato Evelina, rispondendo alle accuse di Vittorio Sgarbi che aveva bollato la sua iniziativa come un gesto dettato da motivazioni economiche.
La richiesta al tribunale
La vicenda ha preso forma con l’istanza presentata al Tribunale civile di Roma, tramite l’avvocato Lorenzo Iacobbi, per la nomina di un amministratore di sostegno per l’ex sottosegretario alla Cultura e attuale sindaco di Arpino. Secondo Evelina, il padre «non sarebbe più in grado di seguire i propri interessi». L’udienza, stando a indiscrezioni, sarebbe stata fissata per il 28 ottobre, con la notifica già inoltrata ai parenti.
La salute di Sgarbi, infatti, ha destato preoccupazione negli ultimi mesi: il critico d’arte è stato ricoverato al Policlinico Gemelli per superare una fase clinica delicata e, da allora, si è tenuto lontano dalla vita amministrativa di Arpino, dove il Comune è stato guidato dal vicesindaco Massimo Sera.
Il botta e risposta
La presa di posizione di Evelina arriva dopo le dichiarazioni del padre, che aveva annunciato di «opporsi a un’eventuale nomina di un amministratore di sostegno», definendo la vicenda dolorosa e ingiustificata.
La figlia, però, non ha nascosto la sua amarezza per le parole di Vittorio: «Semmai io dovrei essere addolorata per queste dichiarazioni, che altro non fanno che avvalorare le mie preoccupazioni».
Il confronto a distanza tra padre e figlia, che fino a poco tempo fa mantenevano rapporti tutto sommato sereni, sta ora assumendo i toni di una controversia familiare con risvolti legali e pubblici.
Una questione familiare che diventa pubblica
Il caso Sgarbi mette in luce un delicato equilibrio tra affetti privati e responsabilità istituzionali. Da un lato c’è un padre, figura pubblica e politica, che rifiuta con forza l’idea di essere considerato incapace di gestire i propri affari. Dall’altro, una figlia che rivendica di aver agito con coscienza e per tutela, preoccupata per lo stato di salute e per la capacità gestionale del genitore.
Mentre si avvicina la data dell’udienza, resta da capire se il dialogo tra le parti potrà trovare un terreno comune o se la disputa si consumerà interamente nelle aule di tribunale.