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Accadde oggi, 26 settembre 1941: La gigantesca battaglia di Kiev

Pubblicato: 26/09/2025 09:16

La morsa su Kiev

Il 26 settembre 1941 calava il sipario su una delle più imponenti operazioni belliche di tutti i tempi: la battaglia di Kiev. Per un mese intero, la Wehrmacht aveva stretto l’Armata Rossa in una manovra a tenaglia che sembrava tratta dai manuali di Federico il Grande. Con la rapidità dei suoi Panzer e la disciplina dei suoi reparti, l’esercito tedesco tagliò fuori interi fronti sovietici, chiudendoli in una gigantesca sacca. Hitler, convinto di aver trovato la chiave per piegare l’Unione Sovietica, presentò al mondo la vittoria come il segno tangibile dell’infallibilità della sua macchina militare.

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La catastrofe sovietica

Per Stalin e i suoi generali fu uno schiaffo micidiale. Circa un milione di uomini persero la vita o finirono prigionieri. Migliaia di cannoni, centinaia di carri armati e tonnellate di rifornimenti caddero nelle mani del nemico. Le colonne di soldati sovietici catturati, costrette a marciare verso i campi di prigionia tedeschi, divennero l’immagine stessa della disfatta. Eppure, dietro quell’immane sacrificio, la Russia iniziava a trasformare la sconfitta in un seme di resistenza. L’Armata Rossa, pur decimata, non crollò. Il Cremlino fece leva su un nazionalismo che superava ogni ideologia: difendere la “Madrepatria” a qualunque prezzo.

Un trionfo già incrinato

Ma la vittoria di Kiev, che a Berlino venne salutata come una delle più grandi della guerra, nascondeva una crepa. L’operazione aveva richiesto tempo, uomini e risorse preziose. La corsa verso Mosca, obiettivo dichiarato dell’Operazione Barbarossa, subì un ritardo fatale. I tedeschi conquistarono Kiev, ma pagarono con settimane di logoramento. E mentre Hitler si illudeva che l’Unione Sovietica fosse ormai al collasso, i primi segni dell’inverno cominciavano a comparire nelle pianure russe. Kiev fu dunque il culmine della potenza tedesca, ma anche l’inizio della sua parabola discendente: un successo militare trasformato in errore strategico.

Stefano Poma

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