
Perquisizioni, appunti sequestrati e intercettazioni riaccendono i riflettori sul delitto di Garlasco. L’inchiesta della Procura di Brescia, che ora coinvolge anche figure di spicco della magistratura pavese, mette in discussione la posizione di Andrea Sempio, già in passato sfiorato dalle indagini.
Secondo i magistrati, sarebbero emersi «contatti opachi» tra la famiglia Sempio e due ex carabinieri della sezione di polizia giudiziaria di Pavia, Giuseppe Spoto e Silvio Sapone, avvenuti proprio nei giorni cruciali delle audizioni in Procura. Incontri e conversazioni mai verbalizzate che, oggi, tornano al centro del quadro accusatorio.
Al centro dell’indagine figura l’ex procuratore aggiunto di Pavia, Mario Venditti, accusato di corruzione in atti giudiziari: avrebbe ricevuto tra i 20 e i 30mila euro per chiedere l’archiviazione di Sempio nel 2017. A rafforzare i sospetti è un appunto sequestrato a casa dei genitori del 37enne, con la scritta: «Venditti gip archivia x 20.30 Euro», oltre a una serie di movimenti bancari in contanti considerati non giustificati.
Nei documenti emergono episodi anomali: Spoto, incaricato di notificare un interrogatorio a Sempio, avrebbe trattenuto un incontro durato oltre un’ora, ben oltre le necessità formali. Sapone, invece, avrebbe avuto contatti anticipati con l’indagato senza alcuna motivazione ufficiale, mantenendo parallelamente un rapporto di “particolare confidenza” con lo stesso Venditti.
Il sospetto della Procura bresciana è che Sempio e i suoi familiari fossero a conoscenza in anticipo dell’indagine e delle domande d’interrogatorio, circostanza che emerge anche da alcune intercettazioni: in una conversazione, il padre di Andrea discuteva della necessità di «pagare quei signori lì», frase che alimenta il quadro dei presunti accordi illeciti.
Le perquisizioni hanno riguardato le abitazioni dei Sempio, dei due ex militari e di altri parenti. Ora gli inquirenti cercano di fare chiarezza su un intreccio di magistrati, investigatori e indagati che potrebbe riscrivere una delle pagine più controverse della cronaca giudiziaria italiana.