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Flotilla, il no a Mattarella è la prova della farsa. Sulla pelle dei palestinesi

Pubblicato: 26/09/2025 15:12

Hanno avuto persino l’arroganza di dire no al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che aveva rivolto loro un appello chiaro e diretto: «Il valore della vita umana … richiede di evitare di porre a rischio l’incolumità di ogni persona … rivolgo con particolare intensità un appello alle donne e agli uomini della Flotilla perché raccolgano la disponibilità offerta dal Patriarcato Latino … di consegnare in sicurezza». Non un atto politico di parte, non un diktat, ma una proposta di buon senso, di garanzia e di tutela della vita. Un’offerta che avrebbe permesso di far arrivare gli aiuti a Gaza in maniera sicura, senza trasformare una missione di soccorso in un palcoscenico di scontro.

La risposta della Flotilla è stata invece glaciale e sprezzante: «Non possiamo accettare questa proposta perché arriva per evitare che le nostre barche navighino in acque internazionali con il rischio di essere attaccati». In queste parole sta la verità. Non è l’aiuto umanitario a muovere la Flotilla, ma la voglia di esposizione mediatica, il desiderio di sfidare Israele davanti alle telecamere, di trasformare una navigazione in un atto di propaganda. Non è un corridoio sicuro a interessare, ma il rischio stesso, l’incidente da mostrare al mondo. I palestinesi, quelli veri, diventano solo lo sfondo: la sofferenza ridotta a cornice per un copione già scritto.

Gaza come palcoscenico

La Flotilla si presenta come missione umanitaria, ma sempre più osservatori la definiscono «un’operazione di propaganda politica travestita da missione umanitaria». Altri lo hanno detto in maniera ancora più netta: «Che cosa vuole mettere sotto i riflettori la Flotilla se non se stessa?». Sono parole che pesano, e che svelano la sostanza dell’iniziativa: non Gaza, non i bambini palestinesi, ma i riflettori. Non la vita, ma l’immagine.

E qui si apre il quadro geopolitico. In un Medio Oriente devastato da guerre e vendette, Gaza è da anni terreno di contesa e di strumentalizzazione. Hamas usa la popolazione civile come scudo, Israele risponde con una politica di sicurezza che spesso diventa punizione collettiva, e in questo duello infinito trovano spazio anche gli attori esterni, dai droni iraniani alla propaganda occidentale. La Flotilla si inserisce in questo schema: non un aiuto ai civili, ma un tassello di una guerra di immagine, dove ciò che conta è far apparire Israele come oppressore assoluto e se stessi come eroi disarmati.

Netanyahu e l’ipocrisia israeliana

Essere duri con la Flotilla non significa chiudere gli occhi di fronte alle responsabilità di Benjamin Netanyahu. Il premier israeliano ha trasformato la tragedia di Gaza in un terreno di calcolo politico interno, ha usato la paura e il sangue per rafforzare il suo consenso e ha bloccato ogni tentativo reale di soluzione politica. Netanyahu si nutre della radicalizzazione, perché un popolo diviso e impaurito è più facile da controllare. È l’altra faccia della stessa ipocrisia: da un lato gli agitatori della Flotilla che usano i palestinesi per il loro palcoscenico, dall’altro un governo israeliano che usa Gaza come leva per restare al potere.

Ma il punto resta: l’appello di Mattarella mostrava che esiste un’altra strada, quella istituzionale, umana, concreta. La Flotilla l’ha respinta, perché senza scontro la loro esistenza si spegne. Netanyahu continua a bombardare, perché senza conflitto la sua leadership si indebolisce. Nel frattempo i palestinesi muoiono, e nessuno li ascolta davvero.

La strumentalizzazione totale

Il caso Flotilla è il simbolo di come la sofferenza palestinese sia diventata materia di sfruttamento su ogni fronte. La Flotilla la usa per la sua propaganda antioccidentale. Netanyahu la usa per il suo calcolo di potere. L’Iran la usa per portare la sua guerra per procura nel Mediterraneo. E l’Occidente la usa come terreno di divisione interna, tra pacifisti a oltranza e realisti senza alternative. Tutti si appropriano della tragedia di Gaza, nessuno la risolve.

Per questo il rifiuto a Mattarella è così grave. Non è solo un gesto di insubordinazione, ma il segno che la vita dei palestinesi vale meno della narrazione politica di chi dice di volerli difendere. Lì c’era una via sicura, umana, dignitosa. È stata rifiutata per amore del clamore.

E allora la conclusione è inevitabile: i palestinesi, quelli veri, continuano a vivere e a morire nel silenzio. E gli agitatori della Flotilla continueranno a raccontare di lottare per loro, mentre in realtà combattono solo per se stessi.

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