
Un crimine efferato ha scosso l’Argentina. Brenda del Castillo e Morena Verdi, cugine di 20 anni, insieme all’amica quindicenne Lara Gutiérrez, sono state vittime di un brutale femminicidio nei giorni scorsi.
La tragedia ha avuto inizio venerdì scorso, quando le tre giovani hanno accettato un invito a una festa, salendo su un furgone che avrebbe dovuto condurle all’evento. In realtà, si trattava di una trappola. Il giorno successivo i loro telefoni cellulari sono stati disattivati, ma il segnale GPS ha permesso alle forze dell’ordine di rintracciarle cinque giorni dopo in una proprietà di Florencio Varela, nella periferia sud della capitale.
La scoperta è stata agghiacciante: i corpi delle tre ragazze, sepolti nel giardino dell’abitazione, mostravano segni di torture inflitte quando erano ancora in vita. Le autopsie preliminari hanno confermato la brutalità delle violenze.
Prese e sequestrato: poi, l’incubo
Il ministro della Sicurezza provinciale, Javier Alonso, ha parlato di un piano criminale studiato nei dettagli. “Gli assassini hanno utilizzato un veicolo con targa alterata per depistare le indagini”, ha spiegato, sottolineando come la banda responsabile operi nelle favelas meridionali di Buenos Aires e sia legata a traffici internazionali di droga.
Quattro persone – due uomini e due donne tra i 18 e i 28 anni – sono state arrestate con l’accusa di omicidio aggravato. Gli investigatori ritengono che le tre giovani abbiano conosciuto alcuni membri del gruppo criminale proprio in quella zona, dove sarebbe poi maturata una vendetta narcos.
La notizia ha scatenato una forte reazione sociale. Migliaia di persone sono scese in piazza nelle principali città argentine sotto lo slogan “Ni Una Menos”, movimento nato nel 2015 per denunciare e contrastare i femminicidi.
A Plaza Flores, nel cuore di Buenos Aires, centinaia di manifestanti hanno chiesto giustizia. “Stiamo elaborando un lutto collettivo”, ha dichiarato Alejandra Rodríguez del collettivo Yo no fui. Le organizzazioni femministe hanno inoltre accusato alcuni media di vittimizzazione secondaria, criticando la narrazione che colpevolizzerebbe indirettamente le vittime anziché concentrarsi sulla brutalità del crimine e sulle responsabilità dei carnefici.