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Usa, incriminato James Comey: lo scontro con Trump diventa processo

Pubblicato: 26/09/2025 07:26

L’ex direttore dell’Fbi James Comey è stato formalmente incriminato da un gran giurì federale con l’accusa di false dichiarazioni al Congresso e ostruzione alla giustizia. Si tratta di un passaggio senza precedenti nella storia americana: mai prima d’ora un ex capo dell’agenzia investigativa era stato messo sotto accusa. Rischia fino a cinque anni di carcere. In un video diffuso sui social, Comey ha dichiarato: “Sono innocente, non ho paura e ho fiducia nella giustizia”.

L’annuncio è stato accolto con soddisfazione dal presidente Donald Trump, che su Truth ha definito l’ex direttore “corrotto” e “uno dei peggiori esseri umani con cui io abbia mai avuto a che fare”. Secondo fonti interne, la decisione del gran giurì è maturata a pochi giorni dalla scadenza dei termini di prescrizione e dopo pressioni dirette del presidente sulla procuratrice generale Pam Bondi.

Un’incriminazione segnata dalle pressioni politiche

Le accuse riguardano una testimonianza resa nel 2020 davanti alla Commissione Giustizia del Senato, quando Comey avrebbe negato di aver autorizzato la diffusione alla stampa di informazioni riservate sull’inchiesta Russiagate. Il procedimento è stato avviato nel distretto orientale della Virginia, dove il procuratore capo Erik Siebert si è dimesso la scorsa settimana per dubbi sulla solidità del caso. Al suo posto è stata nominata Lindsey Halligan, ex consigliera della Casa Bianca e legale personale di Trump, priva di esperienza come procuratrice federale.

La procuratrice generale Bondi ha commentato: “Nessuno è al di sopra della legge. L’atto d’accusa dimostra l’impegno del Dipartimento a perseguire chi abusa del proprio potere e inganna il popolo americano”. Per i democratici, invece, si tratta di un segnale di deriva autoritaria, un passaggio che rischia di trasformare il sistema giudiziario in un campo di regolamento politico.

Un conflitto che dura dal 2017

Il duello tra Trump e Comey è iniziato otto anni fa. Nel 2017 il presidente lo licenziò dopo che l’allora direttore dell’Fbi aveva confermato pubblicamente che Trump era sotto indagine per i suoi legami con la Russia. Quel licenziamento portò alla nomina del procuratore speciale Robert Mueller, che per oltre due anni indagò sulle interferenze russe nelle elezioni del 2016.

L’inchiesta Mueller non accertò una cospirazione criminale, ma documentò numerosi contatti e tentativi di interferenza. Trump definì fin dall’inizio il procedimento una “caccia alle streghe” e indicò Comey come uno dei principali responsabili. Già nel 2019 l’ispettorato generale aveva criticato la gestione da parte di Comey di alcuni memo riservati, senza però giungere a conseguenze penali.

“Non ho paura”

Oggi Comey si prepara a difendersi in tribunale. Nel video diffuso sui social ha affermato: “Io e la mia famiglia sapevamo che ci sarebbero stati costi per essersi opposti a Trump. La paura è lo strumento dei tiranni, ma io non ho paura, e spero che non ne abbiate anche voi. Siate impegnati e votate. Il mio cuore è distrutto per il Dipartimento di Giustizia, ma ho fiducia nel sistema federale”.

L’apertura del processo segna un nuovo capitolo nello scontro tra Trump e le istituzioni, destinato a pesare sulla politica americana e sul dibattito pubblico nei prossimi mesi.

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